Un seno nuovo dopo la malattia

Negli ultimi anni la ricostruzione della mammella è entrata a far parte a pieno titolo della cura del cancro al seno: la donna oltre che guarire può così riprendere una vita del tutto normale, sentendosi a proprio agio in ogni situazione.

Ultimo aggiornamento: 3 settembre 2014

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Introduzione

La ricostruzione del seno è considerata oggi parte integrante della cura del cancro, tanto che è a carico del Servizio sanitario nazionale. A mano a mano che la malattia diventa sempre più curabile, si fa infatti più pressante l'esigenza che lasci meno conseguenze possibili, anche dal punto di vista estetico. Anche quando la mastectomia totale non può essere evitata, si può trovare una soluzione tale da permettere alla donna di non viverla come una mutilazione.

A questo scopo è bene quindi rivolgersi ai centri di eccellenza, che ormai esistono in tutta Italia, dove anche i chirurghi plastici, così come nel loro campo fanno gli oncologi, mettono a punto e sperimentano terapie sempre più mirate nei confronti di ogni paziente. Oggi infatti il principio della medicina personalizzata viene applicato anche negli interventi diricostruzione o rimodellamento della mammella concomitanti o successivi a una mastectomia o a un intervento di chirurgia conservativa.

Ogni caso è diverso dall'altro e richiede un approccio concordato tra la donna e i diversi specialisti in gioco. Per questo motivo nei centri di eccellenza le decisioni non dipendono semplicemente da un unico referente terapeutico, ma sono frutto di discussioni collegiali e di un lavoro di équipe che comprende medici chirurghi senologi e plastici, radioterapisti e oncologi, infermiere specializzate e psicologi.

Intervento su misura

Per il tipo di intervento di ricostruzione più adatto, e per la sua tempistica, non esistono regole assolute: per ogni donna va scelta la strategia più adatta.

La strategia da seguire in ogni singolo caso infatti non dipende solo dalla dimensione del nodulo e dalla sua posizione, ma anche dalle caratteristiche originarie del seno, dalla sua misura e dalla sua forma, dalla conformazione fisica generale della donna, dalla sua età, ma anche dai suoi desideri e dalle sue aspettative. Il tutto però va ovviamente subordinato alla cura della malattia di base, che deve sempre essere l'obiettivo prioritario.

Per quanto riguarda il momento più adatto per intervenire, oggi si preferisce, quando possibile, effettuare la ricostruzione già nel corso dell'intervento per l'asportazione del tumore. Esistono però casi in cui può essere più opportuno rimandare questa fase a un momento successivo.

Espansori e protesi

Prima dell'impianto definitivo della protesi, nei mesi successivi all'intervento e per tutta la durata delle terapie adiuvanti, la normale procedura prevede la collocazione di un dispositivo (espansore), sotto il muscolo pettorale. L'espansore è un palloncino che viene progressivamente gonfiato con soluzione fisiologica allo scopo di distendere i tessuti e facilitare il successivo posizionamento della protesi vera e propria.

Le protesi mammarie attualmente sul mercato possono essere utilizzate indifferentemente per la chirurgia estetica o ricostruttiva; tutte hanno un involucro esterno in silicone e un contenuto in silicone gel o soluzione fisiologica. I timori sollevati negli anni scorsi sulla loro sicurezza sono stati smentiti: non è mai stato provato che aumentino il rischio di malattie autoimmuni o di cancro. È vero che esiste la possibilità di una rottura spontanea, ma solo dopo almeno 10-15 anni dal loro impianto. Per questo è importante che in occasione del loro controllo annuale le pazienti vengano sottoposte anche a un'ecografia o a una risonanza magnetica che verifichino le condizioni della protesi. Non appena si osservano segni di usura la protesi può essere sostituita in anestesia locale, in regime di day-hospital, senza che sia necessario un ricovero.

In alternativa alle protesi, per la ricostruzione è possibile utilizzare lembi di tessuto prelevati dall'addome o dalla schiena: il risultato è sicuramente più naturale ma l'intervento è decisamente più lungo e impegnativo, così come i tempi di recupero.

Salvare il capezzolo quando si può

Fino a qualche anno fa areola e capezzolo venivano sempre asportate durante gli interventi di mastectomia. Analizzando i tessuti asportati i chirurghi però si sono accorti che la percentuale invasa da cellule tumorali era minima, nell'ordine dell'1-2%: un valore statisticamente troppo basso per giustificare una mutilazione che, dal punto di vista psicologico, per una donna risulta molto pesante da sostenere. Per questo motivo negli ultimi anni è stata sviluppata una tecnica che permette di preservare questa zona; nella maggior parte dei casi la sensibilità è compromessa, ma si conserva la capacità erettile del capezzolo, rendendo il seno operato indistinguibile da quello sano.

Non in tutte le mastectomie, però, si può adottare questa tecnica. Oltre alla raccomandazione che l'intervento venga eseguito solo da chirurghi esperti sia dal punto di vista oncologico sia da quello estetico, per evitare rischi occorre prima di tutto che il tumore risieda a debita distanza dal capezzolo.

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Ricostruzione senza protesi

L'altra grande novità degli ultimi anni nel campo della mastoplastica è il lipofilling, una strategia normalmente impiegata nella chirurgia estetica che permette di colmare i difetti dei tessuti molli, di piccole e medie dimensioni, riempiendo possibili avvallamenti che rimangono sia dopo terapia conservativa per tumore alla mammella sia dopo mastectomia.

Il grasso aspirato dalle cosce o dall'addome viene opportunamente trattato e purificato per poi essere impiantato con microaghi direttamente nel seno. Dopo tre o quattro di questi trattamenti, a distanza di tre mesi l'uno dall'altro, anche le mammelle in cui la radioterapia ha reso la pelle secca e poco vascolarizzata possono tornare ad avere una cute morbida ed elastica. Il merito è principalmente delle cellule staminali contenute nel tessuto adiposo, che ricostituiscono ex novo i tessuti. In uno studio pubblicato su Plastic & Reconstructive Surgery dal gruppo di Mario Rietjens, dell'Unità di chirurgia ricostruttiva dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, insieme con altri colleghi francesi, si è verificato su quasi 650 procedure eseguite in più di 500 pazienti che il tasso di complicazioni è molto basso. Il trapianto di grasso non interferisce nemmeno in maniera significativa con la lettura delle mammografie di controllo successive, come invece si temeva. Inoltre, trattandosi di tessuto proveniente dalla donna stessa, si evita qualunque rischio di rigetto o infiammazione.

Prima e dopo la cura

Dopo l'intervento la maggior parte delle donne si ritiene soddisfatta del risultato, anche se la simmetria tra i due seni di solito non può essere perfetta.

La ricostruzione o il rimodellamento del seno in una donna a cui è stato asportato un tumore è infatti cosa ben diversa dal ritocco richiesto per ragioni esclusivamente estetiche. Non bisogna avere aspettative irrealistiche. I risultati che oggi si possono ottenere sono molto soddisfacenti, ma difficilmente sovrapponibili a quelli di una donna sana.

L'impianto della protesi dà al seno operato un aspetto più giovanile rispetto a quello non operato, perché resta più alto. Per ristabilire la simmetria, normalmente si interviene con la mastopessi, sollevando anche il controlaterale, e contemporaneamente allineando le dimensioni delle due parti.

Intervenendo anche sulla mammella controlaterale al tumore si cerca così di mantenere una simmetria, che però non sempre può essere perfetta.

La protesi al silicone ha infatti comunque una consistenza e una mobilità diverse da quella del tessuto naturale per cui, per esempio quando la donna si sdraia, non segue la gravità come il seno sano; le cicatrici, poi, che nella chirurgia estetica vengono lasciate in zone nascoste, nel caso della chirurgia ricostruttiva invece talvolta possono essere più visibili perché dipendono dalla posizione in cui si trova il tumore. Anche in questo campo, però, sono stati fatti molti progressi.

Chirurgia estetica e chirurgia plastica ricostruttiva

Molti pensano che la chirurgia estetica e quella plastica ricostruttiva siano la stessa cosa, tanto che spesso i due termini sono usati in maniera intercambiabile. Le due specialità operano invece in due realtà distinte e con obiettivi molto diversi tra loro, anche se spesso utilizzano tecniche e materiali comuni. Alcune tecniche possono essere mutuate reciprocamente ma gli obiettivi che hanno e il contesto in cui operano sono molto diversi.

La maggior parte di coloro che oggi cercano di restituire alla donna un aspetto il più naturale possibile sono chirurghi generali che hanno appreso le tecniche della ricostruzione o, viceversa, chirurghi plastici che si sono specializzati nella cura del seno. Ma sempre più sta emergendo la figura del chirurgo oncoplastico che impara fin dall'inizio del suo percorso formativo ad unire le due esigenze: prima di tutto quella di estirpare la malattia e di farlo salvaguardando il più possibile la qualità di vita del malato. Recentemente l'attenzione della chirurgia ricostruttiva si sta rivolgendo anche a diverse forme di cancro e non è più diretta solo ed esclusivamente al seno.

  • Roberta Villa