È vero che le case farmaceutiche e i medici guadagnano molto denaro con le cure anticancro e che per questo non conosciamo ancora la cura definitiva?

No, questo tipo di affermazione è priva di fondamento e racchiude in sé tutte le caratteristiche che, secondo i sociologi , caratterizzano le cosiddette "teorie del complotto".

Ultimo aggiornamento: 20 novembre 2015

Tempo di lettura: 6 minuti

In sintesi

  • Le teorie del complotto sono idee prive di fondamento che attribuiscono a cosiddetti "poteri forti" la capacità di impedire alla società di raggiungere determinati importanti obiettivi.
  • Sono sempre esistite ma il loro numero e la loro forza di persuasione sembrano essere in crescita anche per via della diffusione attraverso i social media.
  • Le teorie del complotto sono studiate da sociologi e psicologi e hanno alcune caratteristiche comuni, come il tema, che deve essere di interesse di una larga fetta di popolazione e privo di soluzioni definitive malgrado sforzi collettivi o investimenti.
  • Qualsiasi teoria del complotto ha alcune caratteristiche comuni, tra le quali, il complotto dipenderebbe da gruppi, e non da individui, che avrebbero scopi illegali o sinistri; sarebbe portato avanti da una sorta di regia occulta che attuerebbe un piano sconosciuto al grande pubblico.
  • Ci sono persone più sensibili alle teorie del complotto: sono spesso persone vulnerabili e in difficoltà, o persone che per attitudine utilizzano il cosiddetto pregiudizio di conferma nel proprio modo di osservare del mondo.

Per approfondire

Vi sarà capitato di sentire affermazioni come: la cura del cancro è a portata di mano. Anzi, è semplicissima e costa pochissimo. Basta un po' di bicarbonato o una dieta particolare o una combinazione di sostanze già disponibili che la "medicina ufficiale" si rifiuta di riconoscere perché perderebbe potere e clienti. Si tratta degli elementi di base delle cosiddette teorie del complotto, idee che si diffondono per passaparola (o diventano virali in rete) e raccolgono numerosi seguaci, nonostante siano totalmente prive di fondamenti scientifici o di dati di realtà a supporto.

Le teorie del complotto non riguardano solo il cancro e, anzi, sono sempre esistite. Fra le più clamorose, quella che riguarda l'assassinio del Presidente USA John Fitzgerald Kennedy, avvenuto nel 1963 e attribuito, in mancanza di una spiegazione soddisfacente, a poteri occulti interni al governo americano. Studiate da psicologi e sociologi, le teorie del complotto sembrano essere in crescita, negli ultimi 15 anni, anche grazie alla cassa di risonanza offerta dai social media e da Internet.

Rientrano nelle teorie del complotto anche alcune delle più prolifiche "bufale" che circolano sulla rete: dalle "scie chimiche" (banali scie di vapore rilasciate dagli aerei in volo alle quali sono attribuiti effetti dannosi sulla salute o finalità di controllo della popolazione da parte di poteri occulti), alle più generali "cospirazioni" da parte di fantomatiche società segrete, gruppi finanziari o interi popoli che ambirebbero a controllare il mondo.

Perché il cancro?

Tra le malattie, il cancro è stato spesso oggetto di teorie del complotto, in particolare di quella che vede le case farmaceutiche e i medici coalizzati per vendere dannose chemioterapie invece di fantomatiche cure assai più benefiche ed economiche.

La ragione per cui proprio il cancro susciti questo tipo visione è insita nella natura stessa delle teorie del complotto, che riguardano in genere problemi gravi e molto sentiti (la crisi, la povertà, l'inquinamento ambientale, le malattie più diffuse) per i quali si fanno grandi sforzi collettivi (dal punto di vista economico o della ricerca) con risultati ritenuti ancora insoddisfacenti.

Le quattro caratteristiche delle teorie del complotto sono: il coinvolgimento di gruppi e non di singoli individui (nel caso del cancro, le aziende farmaceutiche, i medici eccetera); uno scopo illegale o sinistro (impedire che le persone possano guarire perché i gruppi che hanno interessi possano fare più soldi); un progetto orchestrato, con una regia precisa, e non una serie di azioni slegate tra loro; un piano segreto sconosciuto al grande pubblico (per esempio nascondere l'esistenza di una "vera cura").

Leggi anche

Le basi sociologiche

Secondo i sociologi che studiano le teorie del complotto, una delle ragioni che contribuiscono alla loro diffusione è il bisogno umano di trovare spiegazioni semplici a fenomeni complessi. E le cospirazioni forniscono spiegazioni semplici e consolatorie per fenomeni che altrimenti appaiono confusi, difficili, non lineari. Inoltre vi è la pulsione a spiegare le relazioni gerarchiche all'interno della società e a "protestare", seppure in modo illogico, contro le relazioni di potere che inevitabilmente si creano nei gruppi umani. Inoltre tali teorie aiutano a contenere la frustrazione di dover ammettere che per curare una malattia complessa come il cancro servano molti decenni di ricerca e che la sfida non sia affatto facile.

Credere nei complotti rende anche umanamente semplice suddividere il mondo in buoni e cattivi, benintenzionati e malintenzionati, interventi efficaci e interventi inefficaci, senza complicate sfumature intermedie. Infine dietro la diffusione delle teorie del complotto vi sono a volte persone che lucrano, convincendo un gran numero di individui a contribuire economicamente a cause inesistenti o a provare terapie del tutto prive di fondamenti scientifici e verifiche di efficacia.

Chi è vulnerabile?

Gli psicologi sociali hanno cercato di tracciare il profilo psicologico del potenziale seguace di una teoria del complotto. È bene dire che nessuno è del tutto immune dal rischio di credere in complotti inesistenti, specialmente perché è facile cadere nella trappola quando ci si trova in un momento di debolezza della propria esistenza, quale può essere la malattia, ma anche la perdita del lavoro o uno strato generale di stress. Credere nell'esistenza di un ordine nascosto dietro il disordine ha un effetto psicologico, rassicurante: dà l'illusione di avere maggiore controllo sulla propria vita. Talvolta fornisce anche una causa per la quale battersi e un gruppo sociale di riferimento che diventa un supporto reale nella difficoltà. Il complotto distoglie l'individuo dai propri problemi, lo solleva dalle proprie responsabilità o dalla fatica di fare i conti con qualcosa che non si può modificare a proprio piacimento.

Alcuni studi psicologici hanno anche dimostrato che individui che credono in una teoria del complotto tendono facilmente a credere anche alle altre. Si tratta di persone naturalmente portate a utilizzare il cosiddetto pregiudizio di conferma: si tratta di un processo cognitivo per cui l'attenzione e l'interesse di una persona sono attratti in modo inconsapevole soprattutto da e eventi e informazioni che confermano le idee preconcette della persona stessa.

L'altra faccia del pregiudizio di conferma è la negazione di qualsiasi dissonanza cognitiva, ovvero la tendenza a ignorare o ritenere inesistente qualsiasi elemento che possa mettere in crisi la veridicità della teoria stessa (per esempio il fatto che la ricerca medica fa passi avanti e che comunque il cancro è più curabile oggi di qualche anno fa).

Diversi studi hanno confermato il ruolo sempre maggiore che hanno i social media nel diffondere teorie del complotto. Teorie che un tempo restavano confinate all'interno di gruppi più ristretti. Il fenomeno dà origine anche al loro uso a fini politici: in molti Paesi sono comparsi, negli ultimi vent'anni, movimenti e partiti che fanno proprie alcune teorie del complotto per accrescere il loro bacino di sostenitori. Il rischio è di aprire le porte al consolidamento di visioni negative e infondate, e di ignorare, se non denigrare, il ruolo della scienza e dei suoi strumenti per la validazione delle ipotesi.

  • Agenzia Zoe