L'inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di ammalarsi di cancro al polmone e di altri tipi di tumore?

SÌ, anche se sul rischio di tumore al polmone influisce molto meno di altri fattori, primo fra tutti il fumo di sigaretta; su altri tipi di tumore l’influenza dell’inquinamento non è da sottovalutare.

Ultimo aggiornamento: 1 settembre 2018

Tempo di lettura: 5 minuti

In breve

  • La relazione tra smog e aumento dei casi di cancro, specie al polmone, è stata dibattuta a lungo perché era difficile da mettere in luce.
  • Esiste una relazione ben nota tra inquinamento e infiammazione dei polmoni che può in parte spiegare come lo smog possa favorire la comparsa di questo tipo di tumore.
  • I risultati di uno studio condotto in 9 Paesi e circa 300.000 persone seguite per oltre 13 anni, ha dimostrato la relazione tra aumento delle polveri sottili e numero di tumori del polmone, indipendentemente da altri fattori come il fumo di sigaretta.
  • L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l'inquinamento atmosferico e le polveri sottili fra i carcinogeni umani di tipo 1.
  • Lo smog rimane una causa di tumore polmonare minore rispetto ad altre, in primo luogo il fumo, ma l’impatto è comunque notevole poiché riguarda tutta la popolazione esposta e non solo i fumatori.
  • Sono sempre più numerosi gli studi che mostrano un legame tra inquinamento atmosferico e aumento del rischio di tumori diversi da quello polmonare.

 

Studi complessi

Per molti anni l'impatto dell'inquinamento atmosferico sulla formazione dei tumori, in particolare di quello al polmone, è stata oggetto di dibattito. Gli studi epidemiologici condotti in diversi Paesi davano infatti risultati discordanti. Misurare l'impatto di un fattore complesso come l'inquinamento atmosferico sulla salute del singolo individuo, in particolare quando si tratta di malattie a lenta formazione come i tumori, è molto difficile dal punto di vista metodologico: ogni volta che emerge una relazione sulla popolazione generale, bisogna verificare la presenza di eventuali altri fattori confondenti (come il fumo e le altre abitudini di vita, l'alimentazione e persino le caratteristiche genetiche di una certa popolazione) che a loro volta possono essere all'origine di un aumento dei casi di cancro e quindi rendere difficile la lettura dei dati sia a livello di gruppo che si di singolo. Una cosa però è certa: l’inquinamento atmosferico è molto dannoso per la salute, come dimostrano i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che parlano di oltre 3 milioni di decessi prematuri ogni anno nel mondo a causa delle polveri sottili e degli altri inquinanti presenti nell’aria. Tra questi decessi alcuni sono legati a tumori.

Da dove nasce l'ipotesi?

È noto da tempo che l'inquinamento atmosferico ha delle componenti che possono facilitare la trasformazione delle cellule sane in cancerose. Sostanze come il benzene, gli ossidi di azoto e gli idrocarburi policiclici aromatici esercitano effetti sul DNA. Inoltre numerose ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che i polmoni di chi abita in città sono più frequentemente infiammati e che le malattie infettive stagionali, come le bronchiti, guariscono con maggiore difficoltà in inverno e nei luoghi molto inquinati, anche perché lo smog mantiene attivi i fenomeni infiammatori. L'infiammazione, specie quando è cronica, è a sua volta un fattore che promuove il cancro non solo nei polmoni, ma in tutti i tessuti e organi. L'impatto dello smog sul rischio di cancro è più indiretto e difficile da dimostrare, dato il lungo tempo di sviluppo della malattia, ma oggi la maggior parte degli epidemiologi ritiene che le cosiddette polveri sottili e in particolare il PM2,5 (il particolato fine con diametro inferiore a 2,5 micrometri, circa un 30° dello spessore di un capello umano) siano tra i principali responsabili del legame tra inquinamento atmosferico e aumento del rischio di tumore: queste particelle molto piccole  sono infatti in grado di entrare nell’organismo, raggiungere le parti più profonde dei polmoni ed entrare nel circolo sanguigno, causando infiammazione e altri danni.

Le osservazioni più recenti

A luglio 2013 la rivista Lancet Oncology ha pubblicato i risultati di uno studio molto ampio, condotto in 36 diversi centri europei, che ha coinvolto circa 300.000 persone tra i 43 e i 73 anni in nove Paesi. Per l'Italia ha partecipato il gruppo di epidemiologi dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano diretto da Vittorio Krogh. I dati ottenuti, che fanno parte del progetto ESCAPE (European Study of Cohortes for Air Pollution Effects), riguardano persone tenute in osservazione per 13 anni. Sono stati registrati i cambi di residenza e le abitudini di vita di ogni persona, per mettere in relazione l'eventuale comparsa di un tumore polmonare con il grado di inquinamento delle aree in cui hanno abitato.

Nel corso del periodo di osservazione si sono ammalate di cancro al polmone 2.095 persone. Di ognuna di esse è stata studiata l'esposizione alle cosiddette polveri sottili (PM 10 e PM 2,5), legate soprattutto all'inquinamento da traffico, ma anche ad altre sostanze prodotte dai riscaldamenti o dalle industrie.

Il risultato è chiaro: per ogni incremento di 5 microgrammi (μg)/m3 di PM 2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone aumenta del 18 per cento, mentre cresce del 22 per cento a ogni aumento di 10 μg/m3 di PM 10. I risultati dicono anche che non esistono limiti al di sotto dei quali l'effetto nocivo svanisce: si sono infatti registrati incrementi dei casi di cancro al polmone anche in gruppi esposti a un livello di inquinamento inferiore ai limiti massimi di norma secondo l'attuale legislazione europea (pari a 40 μg/m3 di PM 10 e a 25 μg/m3 di PM 2,5), limiti che peraltro vengono facilmente superati per molti giorni di seguito in molte città italiane.

I risultati sono talmente convincenti che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha annunciato il 17 ottobre 2013 di avere incluso l'inquinamento atmosferico e le polveri sottili (il cosiddetto particolato) tra le sostanze di classe 1, ovvero quelle sicuramente cancerogene.

Leggi anche

Non solo polmoni

I polmoni non sono gli unici organi a rischio quando si parla del legame tra inquinamento atmosferico e cancro. Partendo dalla popolazione coinvolta nel già citato studio ESCAPE, gli autori di una ricerca pubblicata nel 2017 hanno dimostrato un’associazione tra inquinamento dell’aria e tumore mammario in donne in post-menopausa residenti in Europa. Inoltre uno studio tedesco pubblicato nel 2018, ha dimostrato che esiste un legame tra un aumento di 10 μg/m3 di PM10 e il rischio relativo di tumore alla bocca e alla gola (53 per cento) e di tumore della pelle diverso dal melanoma (52 per cento). Meno forte, ma comunque significativo, l’aumento del rischio relativo per i tumori della prostata (23 per cento) e del seno (19 per cento).

 

Le dimensioni del rischio

È importante sottolineare che il rischio di ammalarsi di tumore al polmone a causa dello smog è comunque contenuto. Il fumo di sigaretta è all'origine del 71 per cento dei casi di cancro polmonare (con 5,1 milioni di decessi nel mondo), mentre allo smog è attribuibile l'8 per cento dei casi (pari a 1,2 milioni di decessi), secondo stime dell'OMS rilasciate poco dopo la pubblicazione di questo studio. Come riferiscono gli esperti del Fred Hutchinson Cancer Research Center, un aumento della concentrazione di queste particelle fino alla soglia di 10 microgrammi per metro cubo (m3) di aria si lega a un aumento di rischio relativo del 9 per cento dei casi di tumore del polmone. Anche se si tratta di un incremento importante, non è certo paragonabile a quello causato dall’abitudine al fumo di sigaretta, che aumenta il rischio di questo tumore del 1.000-2.000 per cento secondo la American Lung Association.

Inoltre lo smog sembra essere legato principalmente all'adenocarcinoma, una forma di tumore polmonare che può essere curato in una buona percentuale di casi, se diagnosticato precocemente.

Peggiora la prognosi

A causa dell’aria inquinata non solo aumenta il rischio di sviluppare un tumore, ma anche quello di morire a causa di esso. Uno studio pubblicato nel 2016 e condotto dai ricercatori delle Università di Birmingham e Hong Kong ha dimostrato che il rischio relativo di mortalità per qualsiasi tumore aumenta del 22 per cento per ogni aumento di 10 micrometri/m³ dell’esposizione a PM2,5. Analizzando più in dettaglio i risultati, ottenuti analizzando i dati di più di 66.000 persone, i ricercatori hanno notato un incremento del rischio relativo di mortalità pari al 42 per cento per i tumori del tratto digestivo superiore e del 35 per cento per tumori di altri organi quali fegato, vie biliari e pancreas. Per le donne il rischio relativo di decesso legato al tumore mammario aumentava dell’80 per cento con l’aumento dell’esposizione a PM2,5, mentre per gli uomini il rischio relativo di tumore al polmone saliva del 36 per cento.

In conclusione

Numerosi dati di laboratorio ed epidemiologici sottolineano l’associazione tra inquinamento atmosferico - legato in particolare alle polveri sottili PM2,5 - e aumento del rischio di tumore, non solo del polmone. Sebbene il rischio sia basso in assoluto, il suo impatto finale è elevato dato il grande numero di persone nel mondo esposte a inquinamento atmosferico. La buona notizia è che lo smog, come il fumo di sigaretta, può essere contenuto con apposite misure di tutela della salute pubblica, oltre che con un comportamento individuale responsabile, che limiti al massimo l'uso dell'automobile durante i periodi di massimo inquinamento. La cosa più importante, però, è evitare di sommare rischio a rischio: tutti dovrebbero evitare il fumo di sigaretta e chi abita in città ha una ragione in più per farlo.

 

Per saperne di più

Per saperne di più

  • Agenzia Zoe