È vero che esiste una tecnica che “brucia” i tumori con un raggio dall’esterno senza bisogno di ricorrere alla chirurgia?

No. Esiste una tecnica di eliminazione di piccole masse tumorali con il calore, chiamata termoablazione, in uso già da diversi anni, efficace in pochi casi selezionati.

Ultimo aggiornamento: 12 settembre 2017

Tempo di lettura: 6 minuti

In sintesi

  • La termoablazione prevede l'uso del calore per la distruzione delle cellule tumorali.
  • È una tecnica in uso da almeno vent'anni e che è attualmente utilizzata solo per alcuni tumori e in alcune condizioni particolari.
  • I tumori nei quali è maggiormente impiegata sono quelli di fegatorenipolmone e ossa.
  • È efficace e meno invasiva della chirurgia classica, ma non è priva di effetti collaterali e punti deboli.
  • La combinazione con altri trattamenti come la chemioterapia può aumentare l'efficacia della termoablazione.

Il calore che distrugge il tumore

Il termine "termoablazione" significa letteralmente "distruzione attraverso il calore" e in medicina identifica anche una delle opzioni terapeutiche disponibili contro il cancro. Non si tratta in realtà di una tecnica nuova in oncologia, dal momento che le prime termoablazioni percutanee, ovvero eseguite "attraversando la pelle" senza far ricorso alla classica chirurgia, risalgono agli anni '90 del secolo scorso. Nel corso degli anni, però, i progressi in campo tecnologico e la maggiore comprensione dei meccanismi fisici e biologici alla base della termoablazione hanno reso la terapia sempre più precisa, efficace e sicura. Due sono le forme di termoablazione più utilizzate oggi nella cura dei tumori: quella a radiofrequenza e quella con microonde. Semplificando molto, è importante sottolineare che la principale differenza tra le due termoablazioni è rappresentata dal tipo di "onde" utilizzate per generare calore, che nel primo caso sono onde radio e nel secondo microonde, che hanno una lunghezza d'onda molto inferiore alle prime. Nella termoablazione a radiofrequenza, una corrente alternata ad alta frequenza crea temperature comprese tra 60 e 100 °C, mentre con le microonde si generano campi magnetici che fanno salire la temperatura oltre i 100 °C.

Come e perché funziona

Come fa il calore a distruggere il cancro? Tutte le nostre cellule sono sensibili al calore e le cellule tumorali lo sono ancora di più: per indurre un danno irreversibile alla struttura e al funzionamento cellulare con una temperatura di circa 40-45 °C servono tempi lunghi, dai 30 ai 60 minuti, ma se la temperatura sale oltre i 60 °C si assiste a una rapida distruzione delle proteine che si rivela tossica per la cellula e ne causa la morte per necrosi. In particolare, con la termoablazione si causano al tumore danni diretti che distruggono l'integrità delle membrane delle cellule e degli organelli in essa presenti e rallentano o bloccano del tutto la replicazione del DNA. Non mancano però anche i danni indiretti (e voluti): anche dopo la termoablazione si osservano danni a cellule e tessuti che vanno dall'apoptosi (morte cellulare programmata), a danni che interessano i vasi sanguigni che nutrono il tumore. Negli ultimi anni è inoltre emerso un altro punto di forza della termoablazione che consiste nella sua capacità di causare infiammazione e di stimolare quindi il sistema immunitario a reagire contro le cellule tumorali ancora presenti nell'area.

La tecnica presenta però anche alcuni limiti che non la rendono adatta all'uso per tutti i tipi di tumore. Innanzitutto il calore è più concentrato nella parte più interna del tumore, ma diventa sempre meno "letale" man mano che ci si allontana dal centro e inoltre, soprattutto con la radiofrequenza, c'è il rischio che il calore si disperda attraverso il sangue o l'aria contenuta nei tessuti (per esempio quello polmonare) rendendo la tecnica meno efficace. Sono oggi in fase di studio diverse strategie per superare tali problemi: associando per esempio tecniche o farmaci che bloccano il flusso sanguigno si riesce a ridurre la dispersione del calore nella termoablazione a radiofrequenza.

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Per molti ma non per tutti

L'intervento di termoablazione del tumore avviene mediante l'utilizzo di uno speciale "ago", un elettrodo, che viene inserito attraverso la pelle fino a raggiungere il tumore, in un viaggio guidato da ecografia, tomografia computerizzata o risonanza magnetica, per permettere un posizionamento estremamente preciso. L'intervento dura pochi minuti (tra 10 e 30) e pur non essendo un'operazione chirurgica classica, richiede l'uso di anestesia, a volte anche generale. Rispetto ai decenni passati, oggi la tecnica può essere utilizzata in un numero più ampio di tumori, anche benigni, ma in molti casi non viene presa in considerazione poiché si rivelerebbe inefficace. Un primo criterio di scelta è senza dubbio il tipo di tumore. La termoablazione nasce come terapia per il tumore del fegato e ancora oggi il fegato è uno degli organi nei quali il trattamento è più utilizzato, sia nel caso di malattia primaria (ovvero originaria del fegato) sia nel caso di metastasi . Altri tumori contro i quali la termoablazione ha un ruolo importante sono quelli del polmone, dei reni e delle ossa e più recentemente anche quelli di senosurrene e testa-collo. Ma anche fra questi tipi di tumore non tutti sono adatti a essere trattati con il calore, che viene in genere riservato ai tumori di dimensioni ridotte (in genere non superiori ai 5 cm) o che si trovano in aree non operabili chirurgicamente, oppure a pazienti che, per diverse ragioni, non possono essere sottoposti a chirurgia. Molti esperti ritengono che la termoablazione rivestirà un ruolo sempre più importante in oncologia in futuro dal momento che sono sempre di più i tumori diagnosticati in fase iniziale - e quindi ancora di piccole dimensioni - e sono sempre più numerosi i pazienti anziani, nei quali gli interventi chirurgici tradizionali spesso risultano troppo rischiosi.

In conclusione

La termoablazione rappresenta ormai da oltre due decenni una delle possibili terapie per il trattamento del cancro, ma non è sempre utilizzabile e, almeno allo stato attuale delle conoscenze e delle tecnologie, non può sostituire la chirurgia o eliminare le altre terapie cosiddette tradizionali, come chemioterapia e radioterapia. La termoablazione viene oggi riservata a tumori piuttosto piccolinon operabili o a pazienti particolarmente fragili e non in grado di sottoporsi a un intervento chirurgico. Rispetto alla chirurgia tradizionale presenta il vantaggio di dare meno complicanze, riuscire a preservare meglio i tessuti che circondano il tumore, ridurre i tempi e i costi del ricovero in ospedale e trattare pazienti che non potrebbero altrimenti essere trattati.

Ci sono però anche svantaggi come la non completa rimozione del tumore e il conseguente possibile ritorno della malattia, anche se l'efficacia varia notevolmente in base al tipo di tumore e di termoablazione. Attualmente mancano studi di confronto diretto che possano stabilire con certezza se l'efficacia della termoablazione è paragonabile a quella della più classica chirurgia nella cura del cancro.

L'idea di evitare il bisturi è chiaramente benvoluta dai pazienti. Questo ha generato l'offerta di un gran numero di trattamenti non scientificamente validati e proposti da strutture non specializzate che promettono addirittura di eliminare il tumore una volta per sempre e di evitare anche la chemioterapia. Purtroppo, malgrado gli indubbi sviluppi tecnologici della termoablazione, la medicina è ancora ben lontana dall'ottenere risultati di questo genere.

  • Agenzia Zoe