Tutti i tipi di amianto sono cancerogeni?

SI, tutti i minerali indicati con il nome amianto (o asbesto) possono provocare tumori del polmone e mesoteliomi se ne vengono inalate le fibre.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre 2018

Tempo di lettura: 8 minuti

In sintesi

  • Recentemente, negli Stati Uniti, l’Agenzia per la protezione ambientale ha nuovamente autorizzato l’utilizzo di alcuni tipi di amianto come materiale per l’edilizia, revocando il divieto in vigore dal 1989.
  • Il nome amianto, o asbesto, è utilizzato per indicare sei diversi minerali della classe dei silicati.
  • Se vengono inalate, le polveri contenenti fibre di amianto causano il tumore del polmone e il mesotelioma pleurico.
  • In Italia l’amianto (produzione, vendita e uso) è vietato dal 1992, tuttavia esistono ancora nazioni in cui può essere estratto e lavorato per essere esportato.
  • Alcuni studi, finanziati dalle industrie dell’amianto, sostengono che il crisotilo, il tipo di amianto più comune, non è cancerogeno.
  • L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) si è espressa chiaramente: tutti i tipi di amianto sono cancerogeni.

intro

Con il nome amianto si indicano sei diversi minerali appartenenti alla classe dei silicati: actinolite, amosite, antofillite, crisotilo, crocidolite e tremolite. In base alla composizione chimica, questi silicati sono suddivisi in due gruppi: i silicati che contengono calcio e magnesio sono detti anfiboli e comprendono actinolite, amosite (“amianto bruno”), antofillite, crocidolite (“amianto blu”) e tremolite; il crisotilo (“amianto bianco”) invece è un silicato di magnesio che appartiene al gruppo del serpentino. Il termine asbesto è un sinonimo di amianto. Non è raro sentire utilizzare la parola “eternit” per indicare l’amianto, tuttavia questo non è corretto: si tratta infatti del nome commerciale (dal nome di un’azienda produttrice) di un materiale costituito da cemento mescolato a fibre di amianto. La caratteristica fondamentale dell’amianto è di essere costituito da fibre molto sottili, flessibili e resistenti.

Versatile ma pericoloso

Le parole amianto e asbesto derivano dal greco e fanno riferimento a importanti proprietà del materiale: vogliono dire, rispettivamente, “incorruttibile” e “che non brucia”. Il basso costo e il fatto che l’amianto sia molto resistente alla degradazione e al calore ne hanno favorito il successo commerciale. È stato usato per moltissime applicazioni industriali e civili. Le fibre che si ottengono per macinazione del minerale possono essere filate per produrre tessuti resistenti al fuoco. Un settore che ha fatto largo uso dell’amianto è l’edilizia che ne ha sfruttato le proprietà di buon isolante termico e acustico.

Purtroppo questo materiale così versatile si è rivelato molto pericoloso: le fibre di amianto possono infatti causare tumori del polmone e mesoteliomi. Quando vengono inalate, le fibre entrano in profondità nei polmoni ed essendo resistenti alla degradazione non vengono eliminate. La presenza delle fibre crea uno stato di infiammazione persistente in cui vengono prodotte molecole che danneggiano il DNA delle cellule, favorendo la trasformazione tumorale. Se vengono danneggiate le cellule del polmone, si sviluppa un tumore del polmone; se vengono danneggiate le cellule della pleura (la membrana che avvolge il polmone) si sviluppa un mesotelioma pleurico. Il processo di sviluppo della malattia è estremamente lungo:  passano in genere oltre 25, e spesso 40-50, anni dall’inizio dell’esposizione all’amianto prima che compaia il cancro, in particolare il mesotelioma.

 

La pericolosità dell’amianto è legata alla liberazione di fibre nell’aria. Un manufatto contenente amianto è tanto più pericoloso quanto più è friabile: il rivestimento di alcune tubazioni, per esempio, può essere ridotto in polvere dalla semplice pressione delle dita; meno pericoloso è l’amianto in “matrice compatta” (per esempio il cemento-amianto o il vinil-amianto, usato per le pavimentazioni). La pericolosità aumenta se il manufatto non è in buono stato o è danneggiato. Per questo non è saggio, né legale, improvvisare opere di bonifica fai-da-te in presenza di manufatti contenenti amianto, come tettoie o pavimentazioni. Non è sufficiente indossare una mascherina di carta per proteggersi e si rischia si trasportare in giro fibre di amianto rimaste tra i capelli o sui vestiti ed esporre al pericolo i familiari e altre persone. Per legge, bisogna rivolgersi a ditte specializzate e autorizzate.

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In Italia la produzione e l’installazione di materiali contenenti amianto è vietata dal 1992 e dal 1994 è vietata l’importazione e la vendita di questi materiali. Questo divieto non comporta l’obbligo di rimuovere l’amianto, ma di comunicarne la presenza alle autorità sanitarie. Se il manufatto contenente amianto, come una canna fumaria o una copertura di cemento-amianto, è danneggiato, bisogna rivolgersi a una ditta iscritta all’Albo Gestori Ambientali. I tecnici abilitati, dopo una valutazione della pericolosità della situazione, si occuperanno dell’incapsulamento (trattamento con vernici apposite che impediscono la liberazione di fibre) del manufatto oppure della sua rimozione e smaltimento. Sfortunatamente occorreranno decenni per dismettere tutto l’amianto ancora presente nel nostro Paese.

La situazione internazionale

L’amianto è stato bandito dalla maggior parte delle nazioni, ma non da tutte. È ancora prodotto in diversi stati (principalmente Russia, Cina, Brasile e Canada) ed è utilizzato soprattutto nei paesi in via di sviluppo. L’abolizione dell’amianto è stata in un certo senso “selettiva”. Mentre la pericolosità degli anfiboli è stata generalmente accettata, quella del crisotilo è stata scorrettamente messa in discussione. Recentemente negli Stati Uniti, l’Agenzia per la protezione ambientale ha nuovamente autorizzato l’utilizzo dell’amianto crisolito come materiale per l’edilizia, revocando il divieto in vigore dal 1989.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione, in base alle prove ottenute in numerosi studi scientifici di elevata qualità, ha incluso tutte le forme di amianto nella lista delle sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo (Gruppo 1). Nella letteratura scientifica sono tuttavia presenti alcune pubblicazioni in cui si afferma che il crisotilo, se opportunamente regolato, non è associato a rischi elevati di cancro. La tesi che viene sostenuta da questi autori è che le fibre di crisotilo, avendo caratteristiche diverse da quelle degli altri tipi di amianto, vengono eliminate dall’organismo e quindi non possono causare il cancro. Uno studio tedesco del 2017 ha dimostrato però che le fibre di crisotilo sono evidenziabili nei polmoni anche molti anni dopo l’esposizione all’amianto.

La tesi che sostiene che il crisotilo non è cancerogeno viene talvolta chiamata “difesa ABC” dall’inglese “Anythyng But Chrysotile” ossia “tutto ma non il crisotilo”. Fin dagli anni ’30, associazioni come la Quebec Asbestos Minining Association (QAMA) o l’International Chrysotile Association (ICA) hanno finanziato studi per dimostrare che il crisotilo è innocuo. In questi studi si suggeriva che i casi di cancro nelle persone esposte per lavoro al crisotilo erano da ricondurre a cause alternative, come contaminazioni del materiale con altri tipi di amianto o altre sostanze. La revisione di questi lavori da parte di esperti ha però messo in luce che i dati su cui si basano sono manipolati e che i metodi di campionamento e di analisi erano scelti in modo da ottenere risultati utili a sostenere la tesi dell’innocuità del crisotilo.

Nel 2014 più di un centinaio di scienziati ha scritto alla rivista Current Opinion in Pulmonary Medicine chiedendo che venisse ritrattato (ossia che ne venisse dichiarata l’invalidità) un articolo in cui si dichiarava che “la valutazione degli studi di tossicologia e epidemiologia sul crisotilo indicano che può essere usato in sicurezza”. L’autore, David M. Bernstein, aveva omesso di menzionare il proprio conflitto di interesse, ossia di avere ricevuto compensi come consulente dall’ICA e da altre società legate all’industria dell’amianto.

Nel 2015, due scienziati inglesi, Fred Pooley e John Hoskins, hanno pubblicato un articolo intitolato “Rivalutazione critica del crisotilo di Balangero e rischio mesotelioma”. Balangero è un comune vicino a Torino nel cui territorio è stata attiva, dal 1904 fino al 1990, una cava di crisotilo. Tra i lavoratori della cava è stato registrato un aumento di mortalità per mesotelioma rispetto a quanto normalmente atteso. Lo studio inglese mette in discussione che i tumori registrati a Balangero siano dovuti a un’esposizione all’amianto e sostiene che, in ogni caso, la causa non è il crisotilo, ma altre forme del minerale. Corrado Magnani dell’Università del Piemonte Orientale e altri scienziati italiani hanno scritto una lettera all’editore della rivista Epidemiology Biostatistics and Public Health criticando l’articolo e smontando, punto per punto, gli elementi su cui si basa. Per esempio, nell’articolo si dichiara che nella cava di Balangero venivano trasferiti anche sacchi contenenti altri tipi di amianto, ma non viene portata nessuna prova a sostegno di questa affermazione. Si sostiene anche che i lavoratori di Balangero facessero i pendolari tra la cava e Casale Monferrato (sede dell’Eternit, una fabbrica in cui si sono manifestati molti casi di mesotelioma). A prescindere dal fatto che le località distano circa 100 km e che i tempi e i costi di spostamento sarebbero stati proibitivi, dai registri non risulta che nessun minatore di Balangero abbia mai lavorato nella fabbrica di Casale Monferrato. In seguito, è emerso che Pooley e Hoskins hanno rivestito il ruolo di consulenti dell’industria dell’asbesto.

In conclusione

L’amianto è un materiale che viene ancora utilizzato in molte parti del mondo, malgrado esistano solide prove della sua attività cancerogena a livello dei polmoni e del mesotelio (pleura e peritoneo). Nonostante alcuni studi finanziati dall’industria dell’amianto sostengano che il crisotilo non sia cancerogeno, la maggior parte degli studi e la classificazione dello IARC lo includono tra le forme cancerogene di cui andrebbe abolito l’uso, come è stato fatto in Italia dal 1992.

Per saperne di più

  • La monografia della IARC sull’amianto (in inglese)
  • Il documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in cui si raccomanda l’abbandono dell’utilizzo di tutti i tipi di amianto (in inglese).
  • Agenzia ZOE