Neuroblastoma

Il neuroblastoma è un tumore che ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico. Ogni anno in Italia colpisce circa 130-140 bambini e ragazzi.

Ultimo aggiornamento: 13 febbraio 2019

Tempo di lettura: 7 minuti

Cos'è il neuroblastoma pediatrico

Il neuroblastoma è un tumore che ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, una parte del sistema nervoso autonomo che controlla alcune funzioni involontarie come la respirazione, la digestione o il battito cardiaco. In particolare i neuroblasti sono cellule immature o in via di sviluppo (blasti) che si trovano nei nervi (neuro) e sono diffuse in tutto l’organismo: ghiandole surrenali, collo, torace o colonna vertebrale. Per questa ragione il neuroblastoma può insorgere in diverse sedi. La maggior parte dei casi di neuroblastoma si manifesta a livello delle ghiandole surrenali, che si trovano sopra i reni, o nei gangli nervosi (agglomerati di cellule nervose) presenti nell'addome, mentre quasi tutti i casi rimanenti interessano i gangli lungo la colonna vertebrale a livello del collo o del torace o pelvico.

Quanto è diffuso

Secondo i dati dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), il neuroblastoma e altri tumori del sistema nervoso simpatico rappresentano circa il 7 per cento di tutti i tumori registrati nella fascia di età 0-14 anni. Se si amplia la fascia di età presa in considerazione si nota che tra 0 e 19 anni questi tumori rappresentano il 5 per cento circa dei casi totali di cancro. Ogni anno vengono formulate 130-140 nuove diagnosi in Italia. L’incidenza non varia molto tra maschi e femmine, ma mostra differenze importanti nelle diverse fasce di età con la maggior parte dei casi concentrata nel primo anno di vita.

Chi è a rischio

Questa neoplasia si presenta nella quasi totalità dei casi come forma sporadica, ovvero non viene ereditata dai genitori. Solo nell’1-2 per cento dei casi la malattia sembra avere le caratteristiche del tumore familiare, nel quale cioè i piccoli ereditano dai genitori una maggiore probabilità di sviluppare la malattia. L’insorgenza del neuroblastoma ereditario è associata ad alterazioni di ALK o PHOX2B, geni implicati nella maturazione delle cellule nervose. Modifiche nella struttura o nel numero di questi e altri geni (MYCN, NTRK1 o ATRX) possono insorgere spontaneamente e per ragioni casuali nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, e dare origine al tumore. Per quanto riguarda fattori ambientali legati allo stile di vita o all’esposizione a determinate sostanze tossiche, al momento non si hanno dati certi su possibili legami di causa ed effetto con lo sviluppo di neuroblastoma.

Tipologie

Il termine neuroblastoma racchiude diverse malattie che originano dalle cellule embrionali del sistema nervoso, ma che possono mostrare differenze importanti dal punto di vista della composizione delle cellule e del loro differenziamento. Si possono distinguere forme indifferenziate, scarsamente differenziate o differenziate. Il ganglioneuroblastoma può presentare aree maligne associate ad aree benigne costituite da tessuto più maturo. All’interno del gruppo dei ganglioneuroblastomi si osservano una forma nodulare e una forma mista, distinte in base alla proporzione e alla distribuzione dei diversi tipi di cellule. Infine il ganglioneuroma rappresenta una forma di tumore benigno e viene asportato chirurgicamente senza necessità di ulteriori trattamenti.

Sintomi

I segni e i sintomi del neuroblastoma possono essere molto diversi a seconda della parte del corpo interessata dal tumore. Se la malattia si sviluppa nell’addome si potranno per esempio notare masse che, crescendo, possono portare a mancanza di appetito o a sensazione di sazietà o dolore a livello addominale. Oltre ai disturbi dovuti alla pressione della massa tumorale sugli organi e le strutture con cui viene in contatto, spesso nel neuroblastoma sono presenti sintomi sistemici come tachicardia, ipertensione, febbre.

Prevenzione

Ogni attività di prevenzione primaria richiede che le cause del tipo di tumore che si desidera prevenire siano note, a livello di popolazione, almeno con i dati statistici delle osservazioni epidemiologiche, e possibilmente anche con i possibili meccanismi biologici messi in luce tramite esperimenti di laboratorio. Tuttavia è raro che i tumori abbiano una singola causa, e per questo nella stragrande maggioranza dei casi è difficile se non impossibile stabilire a posteriori, con criteri scientifici, l’origine di un tumore che è insorto in un individuo. È difficilissimo negli adulti, per i quali a volte si può soltanto presumere che l’esposizione a sostanze cancerogene o abitudini e comportamenti non salutari possano avere contribuito alla crescita tumorale. È ancora più difficile nei bambini, data la giovane età. Per il neuroblastoma non è al momento possibile definire strategie efficaci per la prevenzione, dal momento che l’epidemiologia non ha a oggi identificato fattori di rischio modificabili. Per questo è importante sottolineare che, qualora un neuroblastoma insorga in un bambino, non c’è nulla che i genitori si debbano rimproverare per la malattia del proprio figlio.

Diagnosi

Nel corso della visita medica, indispensabile primo passo verso la diagnosi, lo specialista valuta innanzitutto i segni e i sintomi che il bimbo presenta e raccoglie informazioni sulla storia medica e familiare del piccolo paziente. In caso di sospetto, è necessario procedere con valutazioni più mirate che includono, per esempio, una serie completa di esami del sangue e delle urine con attenzione particolare alle catecolamine urinarie, prodotte dalle cellule nervose simpatiche e ad alcune sostanze che da esse derivano (metaboliti). Si procede con la cosiddetta diagnostica per immagini, in particolare con tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica nell’area interessata dal tumore primario, che aiutano a capire quanto la malattia sia estesa. Grazie all’ecografia in alcuni casi è addirittura possibile diagnosticare il neuroblastoma prima della nascita. La biopsia, ovvero il prelievo di un campione di cellule della massa tumorale con la successiva analisi, rappresenta l’esame che più di ogni altro permette di giungere a una diagnosi definitiva di neuroblastoma, definendo il tipo e il grado di differenziamento. L’analisi molecolare dei campioni prelevati aggiunge informazioni sul numero di copie del gene N-MYC, più alto nel tumore più aggressivo, il quale richiede un trattamento molto intenso anche nelle forme non metastatiche. Infine, le analisi di diagnostica per immagini scintigrafiche che utilizzano metaiodobenzilguanidina (MIBG) legata a iodio radioattivo definiscono con esattezza quanto e in quali aree il tumore si è diffuso, e sono indispensabili anche per valutare la risposta alla terapia.

Evoluzione

Definire lo stadio di un tumore (stadiazione) significa stabilire quanto la malattia è diffusa. È un passaggio essenziale nella precisazione della diagnosi, che aiuta il medico a scegliere la terapia più efficace.

Sin dagli anni ’90 del secolo scorso, per stabilire lo stadio del neuroblastoma si usa un sistema noto come INSS (International Neuroblastoma Staging System) che suddivide la malattia in 4 stadi principali: da 1 per la malattia localizzata a 4 per quella che si è diffusa anche in altri organi. A questi stadi si aggiunge anche lo stadio 4S (neuroblastoma “speciale”) riservato ai casi in cui il piccolo paziente ha meno di un anno e la malattia si è diffusa a fegato, cute e/o midollo osseo.

Un secondo sistema per definire lo stadio del neuroblastoma è quello definito dall’International Neuroblastoma Risk Group Staging System (INRGSS), che suddivide la malattia in 4 diversi stadi a seconda dei risultati degli esami di diagnostica per immagini. In questo sistema lo stadio L1 indica le forme localizzate e operabili, lo stadio L2 quelle localizzate ma che non sono operabili all’esordio, lo stadio M indica la malattia diffusa e in cui sono presenti metastasi, e infine lo stadio MS definisce il tumore metastatico nei bambini di età inferiore a 18 mesi con localizzazioni solo a livello di fegato e/o midollo e/o cute.

Come si cura

Le scelte terapeutiche dipendono da diversi fattori tra i quali lo stadio della malattia e le caratteristiche di aggressività. In linea generale, negli stadi iniziali del tumore la chirurgia rappresenta il trattamento di prima scelta e nella maggior parte dei tumori localizzati e operabili (stadio L1) è sufficiente per arrivare alla guarigione. Quando il tumore è in stadi più avanzati la chemioterapia è indicata prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore, o se la malattia è metastatica. In genere la chemioterapia prevede la somministrazione di una combinazione di farmaci e in alcuni casi l’utilizzo di trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe. Dopo il trapianto, i pazienti ad alto rischio possono anche essere sottoposti a radioterapia. Tra i trattamenti di radioterapia si può includere la terapia con MIBG, la stessa molecola utilizzata anche in fase diagnostica. La dose di iodio radioattivo nella MIBG somministrata come cura è tuttavia maggiore rispetto a quella usata a fini diagnostici. I retinoidi, composti chimici analoghi alla vitamina A, sono utilizzati dopo il trattamento primario nei bambini con malattia ad alto rischio, al fine di ridurre il rischio di recidiva. Oggi sono disponibili anche trattamenti contro il neuroblastoma che si basano sull’immunoterapia con anticorpi specifici contro il ganglioside-2 (GD2), una molecola presente in modo particolare sulla superficie delle cellule tumorali: l’anticorpo anti-GD2, attraverso il legame con questa molecola, colpisce prevalentemente le cellule tumorali che possono così essere distrutte.

Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

  • Agenzia Zoe