L'intervento di asportazione del seno nelle donne portatrici di alcune mutazioni genetiche è una scelta da riservare a casi estremi, anche se la sua efficacia, in termini percentuali, è indubbia. Vediamo quali sono le indicazioni ma anche le alternative.
La mastectomia preventiva, ovvero l'asportazione delle due ghiandole mammarie in una donna ancora sana ma portatrice di una modificazione genetica che la mette ad altissimo rischio di sviluppare una forma precoce e aggressiva di cancro al seno, è una pratica riservata a casi particolari ed estremi, seppure contemplata da tutte le maggiori linee guida sulla prevenzione del cancro, tra le quali quelle dell'American Cancer Society.
I geni coinvolti sono principalmente due: il BRCA1, la cui mutazione accresce il rischio a carico del seno, e il BRCA2, che aumenta anche quello a carico delle ovaie, ma anche di tube, prostata, e di melanoma. Il primo è stato identificato all'Università dello UTAH nel 1990 e clonato nel 1994 dalla società privata Myriad Genetics; il secondo è stato scoperto nello stesso anno da Michael Stratton e Richard Wooster, dell'Institute for Cancer Research, in Gran Bretagna. Fin dalla loro prima identificazione sul finire del secolo passato, AIRC ha contribuito alla ricerca su queste forme di tumore ereditario finanziando un progetto di screening familiare diretto da Marco Pierotti presso l'Istituto nazionale tumori di Milano che, con un approccio multidisciplinare, propone anche il test genetico per l'identificazione delle forme mutate dei due geni.
L'asportazione delle mammelle è una pratica medica diffusa soprattutto negli Stati Uniti d'America, dove la crescita degli interventi di questo tipo ha spinto, nel 2009, il National Comprehensive Cancer Network (NCCN), un organismo pubblico di elaborazione di indicazioni e linee guida, a ribadire i confini di quello che rimane, comunque, un intervento importante dal punto di vista fisico e psicologicamente pesante.
Malgrado tutte le linee guida, la scelta di ridurre il proprio rischio di malattia con un'operazione che elimina l'organo bersaglio del cancro (e spesso anche le ovaie, quando la mutazione aumenta il rischio specifico di carcinoma di questo organo, ma anche perché è necessario diminuire la quantità di ormoni femminili circolanti, possibili "fertilizzanti" per le cellule maligne) è assolutamente individuale e va presa in collaborazione con una équipe di medici che comprenda il senologo, ma anche il chirurgo plastico (che deve chiarire le possibilità ricostruttive e i limiti di queste), lo psiconcologo (per discutere gli aspetti più profondi di questa scelta) e, il genetista, che studierà l'albero genealogico della paziente e le eventuali caratteristiche individuali.
Benché solo le donne portatrici di alcune forme mutate dei geni BRCA1 e BRCA2 sono potenzialmente candidate all'intervento preventivo, tale indicazione può essere rafforzata, o viceversa ridotta, dalla compresenza o dall'assenza di altre mutazioni genetiche, anche di tipo non ereditario.
È bene dire che le forme mutate di BRCA1 e BRCA2 sono presenti, secondo le stime di Orphanet, una banca dati sulle malattie genetiche rare, in circa 1-5 donne su 10.000. La variabilità dipende ovviamente dalla diversa origine etnica della donna, poiché vi sono popolazioni nelle quali la prevalenza è un po' più alta che in altre.
Essere positive per uno di questi geni porta il proprio rischio individuale di ammalarsi di cancro mammario nel corso della vita al 50-80 per cento (o più, in caso di compresenza di altre mutazioni), contro un rischio medio per una donna non portatrice di circa il 12-13 per cento.
L'asportazione delle mammelle non lo azzera del tutto, perché è impossibile asportare la totalità del tessuto ghiandolare, ma lo porta a circa il 5 per cento, quindi al di sotto della media comune. È importante dire che l'intervento, e soprattutto la successiva ricostruzione plastica con l'impianto di protesi, può rendere più complessa la diagnosi precoce e non esime le donne ad alto rischio dal partecipare a programmi di screening molto serrati.
Le complicanze dell'intervento possono essere importanti (legate all'anestesia o alla difficile cicatrizzazione). In alcuni casi, per fortuna molto rari, la ricostruzione totale del seno è risultata, a posteriori, impossibile.
L'oncologo medico Lucia Del Mastro parla degli esami di screening rivolti principalmente alle donne con mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 e del test genetico rivolto alle donne con sospetta familiarità per i tumori del seno.
Per una donna con un rischio così elevato, esistono delle alternative, nessuna delle quali, però, abbatte le percentuali di rischio quanto la mastectomia preventiva. È questa la ragione per cui alcune persone, specie se hanno assistito al decesso precoce di familiari stretti come la madre e le sorelle, preferiscono comunque ricorrere all'intervento.
Queste sono le alternative attualmente offerte dalla medicina:
Le strategie preventive possono essere combinate tra loro (per esempio si può eseguire uno screening serrato, prendere il tamoxifene e modificare il proprio stile di vita) per sommare i benefici di ciascuna e ridurre ulteriormente il rischio senza ricorrere al bisturi.
Agenzia Zoe
Articolo pubblicato il:
17 maggio 2013