“Quando ci sei dentro ti viene una forza che ti aiuta”

“Quando ci sei dentro ti viene una forza che ti aiuta”

Ultimo aggiornamento: 30 giugno 2020

Maurizio, anche grazie all'aiuto di medici preparati e affettuosi, è riuscito a superare un tumore al polmone.

Era il luglio del 2009, quando Maurizio (57 anni allora) cominciò a non star bene. “Ero sempre stanco, provato, faticavo a fare le cose, ma non me ne sono preoccupato… davo la colpa al caldo e a tutti gli impegni che dovevo sostenere durante la giornata.” Oltre a lavorare, infatti, Maurizio coltiva da sempre la passione per lo sport. “Guai a chi mi toglieva la mia partitella di pallone con gli amici!”

 

Alla fine di luglio, decide che è ora di prendersi una pausa. La vacanza, però, si rivela tutt’altro che rigeneratrice, perché, proprio mentre è in Sardegna con la famiglia, le sue condizioni iniziano a peggiorare. “Solo per fare una salita mi veniva l’affanno, non riuscivo a respirare.” E alla fine della vacanza arrivano anche la febbre e una forte tosse. “Ancora una volta" racconta "ho dato la colpa a fattori esterni. Sarà l’aria condizionata, mi sono detto."

 

Alla fine di agosto, Maurizio si decide a consultare un medico, un amico, ma quella semplice visita di routine si trasforma nell’inizio di un lungo calvario. Il dottore gli dice che ha un polmone pieno d’acqua e deve fare le lastre con urgenza per scoprirne la causa.

 

Maurizio si reca quel pomeriggio stesso al pronto soccorso del Policlinico di Milano e si sottopone a una TAC al torace che mette in luce una massa di 9x11 cm che preme sul polmone destro. I medici non sono ancora sicuri che si tratti di tumore.

 

Viene ricoverato nel reparto di medicina d’urgenza del Policlinico di Milano e sottoposto per quindici giorni a diversi esami (scintigrafia, TAC all’addome, al cervello, torace, broncoscopia): è tumore, ma i medici ancora non sono certi di quale tipo si tratti. “La presenza di acqua nel polmone, nel frattempo, mi provocava difficoltà a respirare, tossivo in continuazione e perdevo sangue.” Innanzitutto, quindi, quell'acqua gli viene drenata con un intervento.

 

Maurizio però ha bisogno di sottoporsi ad esami più specifici e il suo medico ed amico, Ermanno Leo, primario della Struttura complessa di chirurgia colorettale dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, gli consiglia il trasferimento nel suo ospedale. Qui Maurizio conosce Ugo Pastorino, ricercatore AIRC e primario di chirurgia toracica, che lo seguirà durante il suo percorso di guarigione.

 

All’Istituto nazionale dei tumori di Milano, Maurizio viene sottoposto alla PET che rivela una situazione preoccupante: il tumore (un carcinoma sarcomatoide) è concentrato solo nel polmone destro, ma è di dimensioni troppo grandi per essere operato e, per di più, è appoggiato sul cuore. Inizia così un altro calvario, quello della chemioterapia, che gli verrà somministrata presso l’ospedale di Saronno, seguito da Claudio Verusio.

 

“Ogni giorno dovevo tenere l’ago attaccato dalle nove della mattina alle nove della sera!”

Può tornare a casa per due settimane e poi di nuovo in ospedale. Perde molto peso e si sente privo di forze. “In quei giorni trascorsi a casa, non riuscivo a fare niente. Mi servivano solo per recuperare le forze. Ero molto debole, praticamente una larva umana. La mia sensazione era quella di avere sempre una lumaca in bocca. Avevo nausee molto forti e non mangiavo più.”

 

A gennaio, dopo la chemioterapia, finalmente il tumore si è ridotto e per Maurizio arriva il momento dell’operazione. L’11 febbraio 2010 gli viene asportato l’intero polmone destro e, dopo una settimana, Maurizio può tornare a casa.

“Non posso dire che sia stata una passeggiata. Dopo l’operazione ho avuto una ripresa molto lenta. Da marzo a fine aprile sono rimasto a casa come fossi imbambolato. Poi, finalmente, a maggio ho ripreso a lavorare e così, un po’ alla volta, la mia vita è ricominciata.”

 

Ancora oggi, quando parla di quel periodo, Maurizio si commuove. Ripensa ai medici che lo hanno seguito e che non lo hanno fatto sentire solo un numero. “Spesso i dottori devono distaccarsi dal dolore dei loro pazienti e finiscono per diventare freddi. Io ho incontrato delle persone stupende, dal dott. Pastorino al dott. Verusio fino a tutto lo staff medico… erano persone calde, e, anche in ospedale, ho potuto vivere in un clima familiare. Posso dire di essere stato fortunato”.

 

Anche la famiglia di Maurizio, sua moglie Alessandra e le figlie Eleonora ed Elisabetta sono tornate alla normalità.


Loro, secondo me, hanno vissuto la mia malattia peggio di me. Quando ci sei dentro sprigioni una forza che ti aiuta. Chi è fuori soffre di più.  Io, a dire la verità, sono sempre stato propositivo, non so se si è trattato di incoscienza o fatalismo, ma sapevo che avrei sconfitto il tumore. Certo, ogni tanto avevo qualche momento di sconforto, soprattutto di notte, ma la mattina no… la mattina ricominciava la lotta. Ora la mia vita è tornata alla normalità… certo, non posso più giocare al calcetto con i miei amici, però almeno posso fare l’arbitro!”