Chemioterapia

L'effetto della chemioterapia, quindi, si fa sentire soprattutto sui tumori che crescono velocemente, ma anche su alcuni tipi di cellule sane soggette a rapida replicazione

Ultimo aggiornamento: 17 dicembre 2015

Tempo di lettura: 22 minuti

La parola chemioterapia letteralmente indica qualunque trattamento terapeutico a base di sostanze chimiche. Più specificamente si riferisce ai farmaci capaci di uccidere gli agenti responsabili delle malattie e comprende quindi anche gli antivirali e gli antibiotici che eliminano i batteri (chemioterapia antimicrobica). Nel linguaggio comune, però, il termine è utilizzato soprattutto in riferimento alle più comuni cure farmacologiche rivolte contro il cancro (chemioterapia antineoplastica).

Basandosi sul principio che le cellule tumorali si riproducono molto più rapidamente di quelle normali, le sostanze utilizzate per questi trattamenti interferiscono con i meccanismi legati alla replicazione delle cellule,  uccidendole durante questo processo (azione citotossica). L'effetto della chemioterapia, quindi, si fa sentire soprattutto sui tumori che crescono velocemente, ma anche su alcuni tipi di cellule sane soggette a rapida replicazione (come le cellule dei bulbi piliferi, del sangue e quelle che rivestono le mucose dell'apparato digerente). Si spiegano così i più comuni effetti collaterali di questi trattamenti (perdita di capelli, anemia e calo delle difese immunitarie, vomito, diarrea e infiammazione o infezione della bocca).

Queste conseguenze, a volte,  preoccupano più della malattia stessa. È importante tuttavia sottolineare che, a fronte di questi disturbi, talvolta rilevanti, la chemioterapia ha il merito di aver ribaltato la prognosi di chi è colpito da alcune forme di cancro, per esempio le leucemie infantili, il linfoma di Hodgkin o il tumore del testicolo, che oggi in un'altissima percentuale di casi giungono a completa guarigione.

Schema e ciclo di trattamento

La chemioterapia consiste nella somministrazione di una o più sostanze capaci di uccidere le cellule tumorali durante il loro processo di replicazione.

L'associazione di sostanze diverse consente di aggredire le cellule tumorali colpendo contemporaneamente  diversi meccanismi essenziali per la loro replicazione. Si ostacola così la loro capacità di evolvere verso forme resistenti alle cure.

Per le diverse malattie esistono quindi diversi schemi di chemioterapia chiamati con acronimi formati dalle iniziali dei medicinali utilizzati: per esempio CMF (ciclofosfamide, metotrexate e fluorouracile) per il tumore al seno o CVP (ciclofosfamide, vincristina e prednisolone) per alcuni linfomi. Esistono quasi un centinaio di sostanze che possono essere variamente combinate per combattere meglio le diverse forme di tumore, e nuove molecole sono continuamente scoperte, sintetizzate o estratte e messe a punto nei laboratori di tutto il mondo. 
Per ogni tumore e per ogni malato, sulla base dei dati raccolti in decenni di ricerche, i medici scelgono lo schema più adatto per ottenere il miglior risultato possibile con il minor carico di effetti collaterali.

A questo stesso scopo la chemioterapia viene spesso somministrata in cicli e non in maniera continua. Non tutte le cellule infatti sono contemporaneamente in fase di replicazione. Anche in un tumore a rapida crescita ve ne sono sempre alcune "a riposo" o, come si dice, "in fase quiescente". Queste cellule sfuggono all'azione dei farmaci che hanno la caratteristica di uccidere le cellule mentre si dividono. Per questo la ripetizione del trattamento in cicli successivi  elimina le cellule tumorali via via che entrano nella fase di replicazione.

Per ciclo di trattamento si intende il periodo in cui si riceve il trattamento e la fase di intervallo prima di quello successivo. Un ciclo di 3 settimane, per esempio, può prevedere la somministrazione dei farmaci solo al primo giorno, e 20 giorni senza trattamenti.
L'intervallo tra un ciclo e l'altro consente di attendere che una nuova popolazione di cellule tumorali entri in fase di replicazione e, nel contempo, permette all'organismo di riprendersi dagli effetti collaterali della cura, soprattutto quelli che colpiscono le difese immunitarie.

In genere la chemioterapia si prolunga per un periodo che va da tre a sei mesi, nel corso del quale si effettuano in genere da tre-quattro a sei-otto cicli di trattamento. 
Il programma tuttavia può cambiare in relazione al tipo di malattia, al singolo paziente e alla reazione individuale alle cure.

Gli esami del sangue, da cui può emergere un livello troppo basso di globuli bianchi o di piastrine, oppure il sospetto che il fegato o i reni stiano soffrendo delle cure, possono per esempio indurre i medici ad allungare gli intervalli tra un trattamento e l'altro o ad abbassare le dosi dei farmaci. 
Altre volte gli accertamenti eseguiti nel corso del trattamento mostrano una scarsa risposta della massa tumorale che non si riduce di volume nonostante la terapia. Questo può spingere i medici a utilizzare un'altra combinazione di farmaci che possa rivelarsi più efficace.
Infine, nella programmazione dei cicli di trattamento, è talvolta possibile tenere conto delle esigenze personali del paziente: parlandone con il medico con il dovuto anticipo si può cercare di impostare i cicli in modo che non condizionino la partecipazione a eventi importanti, familiari o di lavoro.

Quando è indicata la chemioterapia?

I medici valutano l'opportunità di sottoporre un paziente a chemioterapia in base a diversi fattori:

  • il tipo di tumore, più o meno sensibile a queste cure;
  • la sede in cui il tumore si è presentato  la prima volta (per esempio metastasi localizzate nel polmone  provenienti da un tumore  della mammella vanno trattate con gli schemi efficaci contro il tumore della mammella);
  • l'aspetto delle cellule tumorali al microscopio (cioè il grado  di severità del cancro);
  • la diffusione della malattia dal punto in cui si è sviluppata (cioè lo stadio di evoluzione del cancro);
  • le condizioni generali del paziente.

Con questi stessi criteri, in genere sulla base di protocolli predefiniti, i medici stabiliscono il tipo di chemioterapia da somministrare, il numero di cicli necessari e se la cura sia da associare a un intervento chirurgico, a cicli di radioterapia, a terapie ormonali o possa essere integrata con le nuove terapie mirate o varie combinazioni di questi trattamenti.
Quando la chemioterapia è somministrata contemporaneamente alla radioterapia si parla di chemio radioterapia.

Quando non è indicata la chemioterapia?

Una diagnosi di cancro non implica necessariamente la chemioterapia, che è un trattamento sistemico, cioè diffuso a tutto il corpo. Ciò comporta effetti collaterali da soppesare in relazione ai benefici attesi.

Pertanto i medici possono decidere di non sottoporre il paziente a questo tipo di cura:

  • se il tumore, per le sue caratteristiche, risponde poco o nulla a questo genere di trattamento;
  • se il tumore è ancora piccolo, non si è diffuso ai linfonodi né nel sangue e può essere rimosso completamente con un intervento chirurgico;
  • in altri casi che i curanti valuteranno di volta in volta.

A che scopo si fa la chemioterapia?

La scelta di sottoporre un paziente a chemioterapia può mirare nei diversi casi a obiettivi differenti:

  • eliminare definitivamente la malattia, nel caso di tumori molto sensibili a questi trattamenti;
  • ridurre il volume della massa tumorale  prima di un'operazione chirurgica o della radioterapia (chemioterapia neoadiuvante) così da rendere l'intervento più efficace e meno demolitivo e poter limitare l'irradiazione a zone più ristrette;
  • prevenire il ritorno della malattia trattata con un intervento chirurgico o con la radioterapia, eliminando cellule tumorali che  possono essersi staccate dal tumore e diffuse in altre parti del corpo, pur non avendo ancora dato luogo a metastasi rilevabili con gli strumenti diagnostici attualmente a disposizione (chemioterapia adiuvante o precauzionale);
  • prolungare la sopravvivenza o ritardare la progressione della malattia  quando questa non può essere eliminata del tutto, per esempio perché già diffusa nell'organismo;
  • migliorare i sintomi provocati dalla massa tumorale quando questa non si può asportare chirurgicamente,  per limitare gli effetti legati all'ostruzione di canali (per esempio un bronco o l'intestino) e alla compressione degli organi vicini (per esempio all'interno della scatola cranica);
  • preparare l'organismo a un trapianto di midollo osseo o di cellule staminali. In questo caso si utilizzano dosi molto alte di farmaci.

Prima della chemioterapia

Prima di sottoporre un paziente a chemioterapia i medici gli prescrivono una serie di esami del sangue e altri accertamenti diagnostici. Queste indagini servono a stimare il numero di globuli rossi, bianchi e piastrine perché il trattamento li potrebbe ridurre e verificare la funzionalità di altri organi (polmoni, cuore, fegato, rene) che talvolta possono essere danneggiati dai diversi tipi di chemioterapia. La scelta degli esami da eseguire in ogni singolo caso, quindi, dipende anche dalle sostanze che dovranno essere somministrate.

Viene inoltre eseguita una visita accurata e si misurano peso e altezza, indispensabili per calcolare l'esatta dose di farmaci necessari.

Prima di ogni seduta di chemioterapia si ripete l'esame del sangue per  la conta dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine e per verificare la funzione di fegato e reni. Se alcuni di questi risultati sono alterati, i medici possono decidere, per la sicurezza del paziente, di rimandare il trattamento (di solito di una settimana, ricontrollando poi ancora una volta gli esami del sangue).

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Come viene somministrata la chemioterapia?

I farmaci che compongono lo schema di trattamento possono essere somministrati in vario modo.

Per via orale tramite compresse o capsule

Alcuni farmaci chemioterapici, da soli o in associazione a terapie endovenose, possono essere presi per bocca sotto forma di capsule o compresse. In questo caso spesso sono consegnati al paziente che li può assumere a casa propria. È importante avere alcune accortezze:

  • farsi spiegare bene e per iscritto: quante compresse prendere, quando prenderle, per quanto tempo, a che ora in relazione ai pasti;
  • chiedere se le medicine devono essere conservate in frigorifero o a temperatura ambiente. In ogni caso devono essere tenute fuori dalla portata di bambini e animali domestici;
  • toccare il meno possibile i medicinali e lavarsi bene le mani dopo averlo fatto per evitare irritazioni della pelle;
  • se si dimentica un giorno la pastiglia, non prenderne mai una doppia dose il giorno successivo, ma consultare il medico;
  • se non si riesce ad assumere la medicina o questa provoca disturbi contattare il proprio medico;
  • le sostanze attive contenute nei medicinali sono eliminate in parte attraverso le urine e le feci, perciò far scorrere bene l'acqua dopo essere stati in bagno.

Per via endovenosa

Tramite:

  • siringa, quando la sostanza può essere somministrata in tempi brevi (non più di alcuni minuti);
  • flebo, quando la sostanza deve  essere somministrata in un tempo variabile da 30 minuti ad alcune ore. I due principali svantaggi di questa modalità sono la difficoltà di mantenere costante la velocità di infusione, cui si ovvia usando una pompa per infusione che spinge in circolo i farmaci senza rallentamenti o accelerazioni e il rischio che le sostanze possano uscire dalla vena danneggiando i tessuti circostanti, per cui occorre una attenta sorveglianza da parte del personale;
  • pompa per infusione, quando la sostanza deve  essere somministrata goccia a goccia per diversi giorni;
  • infusione continua per settimane o mesi: in questi casi il paziente porta la pompa sempre con sé.

Tutte queste modalità di somministrazione per via endovenosa prevedono un accesso venoso, cioè una via d'ingresso al circolo sanguigno che sia mantenuta aperta per tutto il tempo necessario alle cure.  Per l'esigenza di iniettare ripetutamente in vena sostanze irritanti che facilmente possono provocare flebiti, sono stati messi a punto vari dispositivi per raggiungere il circolo sanguigno senza dover cercare ogni volta una vena del braccio, come si fa per iniezioni intravenose occasionali.

L'accesso può avvenire tramite

CVP (catetere venoso periferico) o agocannula in una vena della mano o del braccio

È un tubicino molto sottile, inserito tramite un ago, che mantiene aperta la vena attraverso la quale possono essere iniettati farmaci e prelevato sangue. Se necessario può essere tenuta per alcuni giorni.

CVC (cateteri venosi centrali)

Sono dispositivi che, tramite tubicini di materiale biocompatibile (silicone o poliuretano) detti cateteri, raggiungono le grosse vene più vicine al cuore. In questo modo permettono l'infusione intermittente o continua di farmaci e terapie nutrizionali, garantendo nel contempo l'accesso permanente al sistema venoso per molto tempo, anche per mesi.
Possono essere:

  • esterni 
    Sono inseriti in anestesia locale in un ambiente sterile, senza la necessità di un intervento in sala operatoria. Possono essere inseriti a livello della vena giugulare del collo (per trattamenti di breve durata) oppure, passando in una sorta di tunnel sotto la cute del torace, penetrano la vena succlavia all'altezza della clavicola, e da qui sono spinti ancora oltre, fino alla vena cava superiore.
    In alternativa possono essere inseriti in una vena a livello del braccio, come una comune agocannula. In questo caso, però, il tubicino flessibile è poi spinto, come nel caso precedente, fino alla vena cava superiore (PICC, Peripherally Inserted Central Catheter, catetere centrale inserito perifericamente).
  • impiantati tramite un piccolo intervento chirurgico: Port-a-cath è un piccolo serbatoio sottocutaneo che, tramite un tubicino, sfocia in una vena profonda. Pungendo la pelle in corrispondenza del punto in cui è situato è possibile raggiungere sempre il circolo venoso. Questo dispositivo presenta vantaggi e svantaggi rispetto alle altre linee centrali esterne: è invisibile e richiede minore manutenzione, ma comporta la puntura della pelle, che viene evitata quando i piccoli cateteri sboccano esternamente, come nelle altre soluzioni. 

In casi particolari e complessivamente poco frequenti, i medicinali per la chemioterapia possono anche essere iniettati per altre vie.

Per via intramuscolare

A livello della coscia o dei glutei. Determina un rilascio più lento dei farmaci rispetto alla via endovenosa ma è utilizzata molto di rado.

Per via sottocutanea

A livello dell'addome, della coscia o del braccio, al momento solo per alcuni farmaci utilizzati nel trattamento di neoplasie ematologiche e per un farmaco (trastuzumab) utilizzato nel trattamento dei tumori mammari e gastrici.

Per via arteriosa

Attraverso una cannula inserita nell'arteria principale che irrora il tumore. Il metodo, usato soprattutto per i tumori del fegato attraverso l'arteria epatica, consente di concentrare maggiori dosi di medicinale dove serve, risparmiando il resto dell'organismo. È una invasiva, consigliata solo raramente e in pochi centri.

Per via intratecale

Cioè nel fluido cerebrospinale attraverso la colonna vertebrale, quando, attraverso l'esame del liquido effettuato con una puntura lombare, si riscontra la presenza di cellule tumorali a questo livello. È utilizzata solo in alcuni casi di leucemia e tumori cerebrali.

Per via intracavitaria

Cioè in una cavità naturale dell'organismo (per esempio all'interno della vescica, nel torace o nell'addome):

  • nel caso della vescica si dice che la somministrazione è per via intravescicale. Dopo l'asportazione del tumore i medici, in relazione al grado della malattia, possono decidere di somministrare settimanalmente dei farmaci antineoplastici inserendoli in vescica attraverso un sottile tubicino flessibile (catetere). Il trattamento può essere deciso anche per una recidiva che segue all'intervento e alla prima chemioterapia;
  • nel caso del torace si dice che la somministrazione è per via intrapleurica, cioè avviene nell'intercapedine compresa tra i due strati della pleura, la sottile membrana che riveste da un lato la cavità toracica e dall'altro i polmoni;
  • nel caso dell'addome si dice che la somministrazione è per via intraperitoneale, cioè avviene nell'intercapedine compresa tra i due strati del peritoneo, la sottile membrana che riveste da un lato la parete addominale e dall'altro i visceri addominali. È usata di rado, soprattutto per i mesoteliomi peritoneali e per i tumori dell'ovaio diffusi al peritoneo.

Dove si effettua la chemioterapia?

A seconda del tipo di malattia, dei farmaci utilizzati e delle diverse condizioni cliniche la somministrazione della chemioterapia può avvenire in diversi luoghi.

A domicilio

Se la terapia deve essere presa per bocca, la si può fare stando a casa. Qualche volta i medici possono ritenere opportuno effettuare la prima somministrazione in ospedale per verificare che non ci siano reazioni indesiderate, altrimenti ci si reca in ambulatorio solo per regolari controlli ed esami del sangue. La cura può avvenire a domicilio anche quando avviene tramite un'infusione continua di farmaci mediante una pompa per la chemioterapia collegata alla linea centrale o alla PICC. Ha le dimensioni di una bottiglietta d'acqua e può essere tenuta sempre con sé, in una apposita borsa o attaccata a una cintura che verrà consegnata in ospedale. Non richiede batteria ma periodicamente deve essere sostituita.

Durante un ricovero in ospedale

A volte può essere necessaria una permanenza in ospedale di una o più notti, soprattutto nei casi in cui:

  • i farmaci devono essere somministrati molto lentamente e in maniera controllata;
  • c'è la possibilità di reazioni indesiderate;
  • occorre somministrare molti fluidi tramite flebo prima e dopo il trattamento;
  • devono essere date alte dosi di medicinali (in questo caso la permanenza può durare anche settimane).

In appositi ambulatori

Sono i cosiddetti day-hospital, dove ci si reca nei giorni prestabiliti. Lì si resta per il tempo necessario a eseguire gli esami preliminari al trattamento e a ricevere l'infusione, per poi rientrare a casa in giornata. È questa la modalità più comune.

Le sostanze usate per la chemioterapia possono essere irritanti per la pelle e pericolose al di fuori del loro uso terapeutico. È per questo che il personale indossa guanti, mascherina, grembiuli di plastica e occhiali protettivi. Per la stessa ragione il materiale che è venuto a contatto con i farmaci deve essere smaltito in maniera differenziata e con particolari cautele.

Che cosa ci si deve aspettare durante la chemioterapia?

Gli effetti collaterali della chemioterapia sono spesso la maggior causa di preoccupazione per chi si ammala di cancro. Tuttavia questi sono molto variabili da trattamento a trattamento e da individuo a individuo. Rispetto ad alcuni anni fa, inoltre, il loro impatto sul benessere del paziente e la sua qualità della vita è stato molto ridotto grazie a una maggiore attenzione da parte dei medici a questi aspetti:

  • si è dimostrato che spesso è possibile ottenere lo stesso risultato con dosi di farmaci inferiori a quelle usate in passato;
  • talvolta si può raggiungere lo scopo aggiungendo al "cocktail" di medicinali, come talvolta vengono chiamate le associazioni, altre sostanze più tollerate, riducendo la dose di quelle più tossiche;
  • sono stati messi a punto vari rimedi, farmacologici e non, per tenere sotto controllo gli effetti collaterali indesiderati.

Prima di iniziare il trattamento si può chiedere al proprio medico quali sostanze verranno somministrate e quali effetti collaterali ci si può attendere, ricordando comunque che:

  • la maggior parte di questi effetti indesiderati è di breve durata;
  • spesso cominciano ad attenuarsi e svanire con la fine del trattamento;
  • esistono farmaci e metodi per alleviare alcune delle loro conseguenze.

È indubbio tuttavia che queste cure possono provocare diversi tipi di effetti collaterali.

Stanchezza

Il senso di affaticamento che si può provare con il cancro e durante le cure è particolarmente intenso e prolungato e ha un nome specifico che, dall'inglese, è usato anche in Italia, fatigue. Ci si sente deboli e senza forze e questa sensazione può peggiorare con l'avanzare delle cure. Questo fenomeno può dipendere da vari fattori:

  • l'azione dei farmaci;
  • l'impegno dell'organismo nella lotta contro la malattia;
  • la mancanza di sonno;
  • la difficoltà a mangiare adeguatamente;
  • la possibilità che subentri un'anemia;
  • il basso livello di globuli bianchi dovuto al trattamento.

Si può avvertire la stanchezza in maniera più marcata nei giorni in cui ci si sottopone alla chemioterapia e in quelli immediatamente successivi. È bene quindi chiedere aiuto a parenti e amici, per esempio per le incombenze domestiche e la cura dei figli, soprattutto in queste fasi e prevedere di potersi assentare dal lavoro, ridurre gli orari oppure portarlo avanti, per quanto possibile, da casa. 
In generale, comunque, bisogna cercare di organizzarsi per assecondare l'organismo che chiede riposo, senza richiedere a se stessi sforzi eccessivi.

Disturbi digestivi

Le cellule che rivestono le mucose dell'apparato digerente, poiché sono soggette a un continuo ricambio, sono tra quelle che risentono di più dell'azione dei farmaci usati per la chemioterapia. È comune quindi che durante il trattamento si verifichino alcuni di questi disturbi.

Nausea e vomito

Non tutti i medicinali usati in chemioterapia provocano nausea e vomito e comunque, anche per quelli che di solito provocano questi disturbi, è impossibile prevedere se lo faranno, e in che entità, nel singolo individuo. Quando si verificano, i disturbi compaiono a partire da alcuni minuti fino a diverse ore dopo la somministrazione del farmaco. Possono durare per ore, più raramente per qualche giorno. Se la sostanza ha determinato questi sintomi la prima volta, è probabile che lo farà anche nelle somministrazioni successive. I medici possono controllarli con farmaci detti antiemetici, che di solito vengono dati in vena insieme alla chemioterapia e poi proseguiti per via orale o intramuscolare a casa. Vanno presi regolarmente anche se ci si sente abbastanza bene, perché questi prodotti funzionano meglio a scopo preventivo che curativo.

Se nonostante ciò, i disturbi fossero particolarmente impegnativi, è bene informare il medico, che potrà cercare altre soluzioni.

Inoltre, è bene avvisare il personale di cura se il vomito:

  • vi preoccupa perché è particolarmente violento o prosegue per più di uno o due giorni;
  • vi impedisce di bere;
  • compare senza ragione apparente (per esempio a distanza di tempo dall'ultima seduta di chemioterapia).

Dolore, infiammazione e ulcere in bocca 

Questi disturbi possono comparire da cinque a dieci giorni dopo l'inizio del trattamento e in genere si risolvono gradualmente nelle tre-quattro settimane dopo che è finito. Il medico potrà consigliarvi dei risciacqui, per evitare che le ulcere si infettino, e degli analgesici per tenere a bada il dolore, in modo che non vi impedisca di mangiare e bere.

Sapore cattivo o alterazione del gusto

Alcuni medicinali usati in chemioterapia modificano il gusto dei cibi, che può risultare più salato, amaro o metallico. Il fenomeno regredisce alla fine del trattamento ma prima che passi sono necessarie a volte alcune settimane.

Perdita di appetito, diarrea o stipsi

Non preoccupatevi se non riuscite a mangiare il giorno del trattamento o quello successivo, purché poi torni l'appetito tra una seduta e l'altra. È importante invece bere molto, per evitare la disidratazione, soprattutto se le cure causano diarrea. Se compare stipsi, si può cercare di rimediare anche con una dieta ricca di fibre.

Tutti questi effetti collaterali si combattono con i medicinali prescritti o somministrati direttamente dal medico insieme alla chemioterapia, ma anche con un'alimentazione adatta.

Infezioni, anemia, sanguinamenti

I farmaci usati in chemioterapia ostacolano il rinnovamento delle cellule del sangue che quindi possono scendere a livelli pericolosi.

Il calo dei globuli bianchi può favorire infezioni. Avvisate subito il medico in caso di:

  • febbre alta;
  • sensazione di freddo e brividi;
  • tosse;
  • mal di gola;
  • mal di testa;
  • mal di muscoli.

Il calo dei globuli rossi può portare ad anemia, per la quale ci si può sentire particolarmente stanchi o può mancare il fiato.

Il calo delle piastrine può facilitare i sanguinamenti dalle mucose o la formazione di lividi (ecchimosi).

Se questi effetti si fanno particolarmente impegnativi i medici possono provvedere con appositi farmaci o con trasfusioni di sangue.

Caduta dei capelli, disturbi alla pelle e alle unghie

La caduta dei capelli, dei peli, di ciglia e sopracciglia è considerato un segno caratteristico della chemioterapia, e anche per questo è una delle conseguenze più temute dai pazienti: non solo perché incide in maniera significativa sulla propria immagine, ma anche perché rende evidente a chiunque il proprio stato di malattia. In realtà, non tutti i farmaci usati per la cura dei tumori provocano questo effetto indesiderato, né tutti lo fanno con la stessa intensità. Alcuni rendono solo i capelli più fini e radi, altri non agiscono a questo livello. Inoltre è bene ricordare che il fenomeno è reversibile e i capelli ricominciano a crescere dopo poche settimane dalla fine del trattamento. In genere la capigliatura ha recuperato un aspetto normale entro quattro-sei mesi dal termine delle cure, anche se è possibile che ricrescendo i capelli acquistino un colore diverso o risultino più ricci.

Nel frattempo, se non ci si sente a proprio agio, è possibile ricorrere a foulard, cappelli o parrucche, che però possono risultare fastidiose, soprattutto d'estate. In ogni caso conviene chiedere informazioni al personale infermieristico: molti centri prevedono consulenze specifiche anche su questi aspetti, compreso anche il make up adatto a mascherare gli effetti più visibili delle cure.

In alcuni casi è possibile cercare di prevenire la caduta dei capelli indossando durante le sedute una particolare cuffia ghiacciata: riducendo l'apporto di sangue al cuoio capelluto si cerca di diminuire anche la quantità di farmaco che raggiunge i bulbi piliferi. Il metodo comunque non è utilizzabile in tutti i casi, per cui conviene discuterne in anticipo con il proprio medico.

Alcuni farmaci usati in chemioterapia possono rendere la pelle secca e sensibile o provocare reazioni cutanee. È bene mettere sempre una crema protettiva quando ci si espone al sole. Anche le unghie ne possono risentire, diventando secche, scheggiate o striate.

Alterazioni nervose

Talvolta la chemioterapia può provocare una neuropatia periferica, che si manifesta con alterazioni della sensibilità, formicolii, sensazione come di punture di aghi soprattutto alle mani e ai piedi. In genere regredisce al termine delle cure, ma solo dopo diversi mesi.

Le cure possono anche compromettere in varia misura l'udito. Anche questo fenomeno può essere transitorio ma se vi accorgete di sentire male, avvisate il medico che potrà talvolta adeguare il dosaggio dei farmaci.

Danni ad altri organi

Dei  trattamenti contro il cancro possono talvolta risentire, in maniera transitoria o permanente, i più importanti organi dell'organismo (cuore, fegato, reni e polmoni). Sarà cura dei medici cercare fin dall'inizio le cure più adatte al singolo paziente, in relazione ad altri eventuali problemi di salute preesistenti, oppure cambiare terapia nel caso si manifestasse sofferenza a livello di queste funzioni essenziali.

Alcuni tipi di chemioterapia possono anche favorire la formazione di trombi, vale a dire vale a dire coaguli di sangue all'interno di una vena o un'arteria. Nel caso in cui una gamba si gonfiasse oppure il paziente si sentisse mancare il respiro è importante avvisare subito il proprio medico.

Conseguenze su sessualità e fertilità

La stanchezza provocata dalla malattia e dalle cure e la preoccupazione per la propria salute possono togliere interesse per la vita sessuale in questo periodo. È importante tuttavia mantenere aperto il dialogo con il partner anche su questo tema delicato, ed eventualmente cercare la collaborazione di personale esperto.

Oltre agli aspetti psicologici ci possono essere anche difficoltà di tipo fisico: le mucose femminili, danneggiate dalla chemioterapia, possono rendere doloroso il rapporto. In questo caso ci si può aiutare con un gel lubrificante.
Per le coppie in età fertile è importante garantirsi una contraccezione sicura perché molti farmaci usati in chemioterapia potrebbero provocare malformazioni nel feto.

Infine, sebbene i farmaci in genere non passino nello sperma e nel liquido vaginale, l'uso del preservativo può evitare di passare al partner anche piccole quantità di sostanze farmacologicamente attive.

Una grossa preoccupazione di chi si deve sottoporre alla chemioterapia in giovane età è la possibilità che le cure compromettano la fertilità futura. È bene parlare di questo aspetto con il proprio medico prima dell'inizio delle cure perché nelle scelte terapeutiche si tenga conto anche del desiderio di avere in futuro dei figli.

Oggi, soprattutto in funzione della sempre maggiore quota di bambini e ragazzi che guariscono dal cancro, e in particolare dalle leucemie, si presta molta attenzione a questo aspetto e molti ricercatori sono impegnati a cercare soluzioni su questo fronte: gli schemi di chemioterapia sono sempre meno aggressivi, si può prevedere la raccolta e il congelamento di sperma e ovociti prima del trattamento, nuovi approcci sperimentali sono in studio anche grazie al sostegno di AIRC.

Sono innumerevoli i racconti di persone che, guarite dal cancro, si sono formate una loro famiglia.

Che differenza c'è tra remissione e guarigione?

Quando il cancro risponde al trattamento ma c'è ancora un residuo di malattia, per quanto inferiore rispetto alla situazione iniziale, si parla di una remissione parziale.

Il trattamento produce invece la remissione completa della malattia se non ci sono più tracce di tumore o leucemia rilevabili con i mezzi diagnostici a disposizione, dagli esami del sangue alle indagini per immagini. Ancora non si può parlare di guarigione, condizione a cui si giunge se la remissione totale si mantiene per diversi anni, ma questa probabilità aumenta quanto più ci si allontana nel tempo dal momento della diagnosi.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

  • Agenzia Zadig