Tumore della tiroide

Il tumore della tiroide è uno dei tumori più frequenti per le donne tra i 40 e i 60 anni

Ultimo aggiornamento: 24 maggio 2018

Tempo di lettura: 8 minuti

Cos'è

Il tumore della tiroide ha origine dalla trasformazione delle cellule di una ghiandola, la tiroide, posta nel collo appena sotto la cartilagine tiroidea (il cosiddetto pomo d'Adamo).

La tiroide ha la forma di una farfalla con le due “ali” ai lati della laringe. Le due ali costituiscono i lobi della tiroide, mentre la parte centrale che le congiunge è detta istmo.

La tiroide è una ghiandola endocrina: produce gli ormoni tiroidei che rilascia nel circolo sanguigno. Gli ormoni tiroidei regolano, fra le altre cose, il battito cardiaco, la temperatura corporea e soprattutto il metabolismo, ovvero la modalità con cui l'organismo utilizza e consuma le sostanze nutritive. Nei bambini intervengono anche nello sviluppo fisico e psichico, e la loro carenza determina un grave deficit sia nella statura, sia cognitivi.

La tiroide produce gli ormoni solo se stimolata a sua volta da un altro ormone, il TSH (o ormone tireostimolante) che viene prodotto e rilasciato dall’ipofisi, una ghiandola posta nelle parti più profonde del cervello.

La struttura degli ormoni tiroidei è caratterizzata dalla presenza di alcuni atomi di iodio, che è quindi un elemento fondamentale per la loro attività. La tiroide può funzionare più del normale (ipertiroidismo con aumento degli ormoni) o meno del normale (ipotiroidismo con ormoni bassi) e in entrambi i casi si possono avere disturbi importanti.

Un’altra patologia tiroidea molto diffusa è il gozzo (aumento di volume della tiroide) che può essere diffuso o nodulare. Fortunatamente il 90 per cento dei noduli tiroidei sono benigni e meno del 10 per cento sono maligni: in tal caso si parla più propriamente di cancro tiroideo.

Quanto è diffuso

Il cancro della tiroide è abbastanza diffuso. Rappresenta il 3-4 per cento di tutti i tumori umani e colpisce soprattutto le donne tra i 40 e i 60 anni. È uno dei tumori più frequenti per le donne in questa fascia d’età. L'incidenza è di circa 5 casi ogni 100.000 abitanti per gli uomini e circa 15-18 nuovi casi ogni 100.000 abitanti per le donne. Il numero di casi di tumore della tiroide è molto aumentato negli ultimi decenni: le nuove diagnosi hanno riguardato soprattutto piccoli carcinomi scoperti spesso casualmente durante un’ecografia tiroidea. È probabile che a tale aumento dei casi contribuiscano i controlli ecografici che in precedenza non si facevano e che hanno portato a diagnosticare tumori indolenti che in passato non erano scoperti.

Chi è a rischio

È stato stimato che fino al 10-15 per cento delle tiroidi esaminate all’autopsia può presentare forme tumorali della tiroide non diagnosticate quando la persona era in vita: ciò significa che il cancro della tiroide è più comune di quanto si pensi, ma che spesso non dà segni di sé, perché cresce molto lentamente ed è poco invasivo. Le donne sono più colpite degli uomini nella proporzione di quattro a uno.

Fra i fattori di rischio dei tumori papilliferi e follicolari c'è la carenza di iodio che causa il gozzo, spesso caratterizzato da numerosi noduli benigni della ghiandola che in alcuni casi può predisporre alla trasformazione maligna delle cellule.

Un altro fattore di rischio accertato è l'esposizione a radiazioni ionizzanti: il tumore della tiroide è più comune in persone che sono state trattate per diversi motivi con radioterapia sul collo oppure che sono state esposte a ricadute di materiale radioattivo come è accaduto dopo l'esplosione delle bombe atomiche nella Seconda Guerra Mondiale e dopo il disastro della centrale atomica di Černobyl.

Questo effetto delle radiazioni è particolarmente accentuato in età infantile o adolescenziale e pertanto in questa età bisogna evitare, se possibile, anche radiazioni mediche (come TC e radiografie), specie se interessano il collo. Infine un fattore di rischio per questi tumori ben differenziali è anche quello di avere un parente stretto che ha avuto il tumore.

La forma midollare può essere sporadica (cioè del singolo individuo) o familiare (più membri della stessa famiglia affetti dal carcinoma midollare) e a volte è associata a altre neoplasie endocrine, come il feocromocitoma , gli adenomi e tumori del pancreas endocrino multiple delle paratiroidi. Pertanto prende il nome di sindrome delle neoplasie endocrine multiple (o MEN). Oggi si conosce il gene alterato alla base di questa patologia (oncogene RET) e la sua mutazione viene trasmessa da genitori ai figli. I familiari dei pazienti colpiti da carcinoma midollare sono invitati a sottoporsi a visite specialistiche e al test genetico per verificare la presenza dell’alterazione di RET responsabile appunto della forma ereditaria.

Tipologie

Esistono vari tipi di cancro tiroideo: il più frequente è la forma ben differenziata (papillare e follicolare) che rappresenta l’85-90 per cento dei casi, poi c’è la forma scarsamente differenziata (5-7 per cento), la forma midollare (5-7 per cento), la forma indifferenziata o anaplastica (2-3 per cento).

La sopravvivenza è molto elevata nelle forme ben differenziate (oltre il 90 per cento a 10-15 anni dalla diagnosi, se vengono seguite le cure adeguate). Un po’ meno curabili sono le forme scarsamente differenziate, quella midollare e quella anaplastica.

Sintomi

Il segno più comune del tumore della tiroide è un nodulo isolato all'interno della ghiandola, che si sente con le dita se si tocca il collo in corrispondenza dell'organo.

Non tutti i noduli tiroidei nascondono però forme di cancro, anzi nella grande maggioranza sono  forme benigne di crescita ghiandolare. Si stima che solo il 5-10 per cento dei noduli tiroidei sia effettivamente un tumore maligno.

In rari casi, generalmente i più aggressivi, il cancro può manifestarsi già all’esordio con una massa che cresce rapidamente e che può coinvolgere estesamente il collo, in corrispondenza sia della tiroide sia dei linfonodi latero-cervicali del collo. Questi ultimi possono essere spesso coinvolti anche nelle forme non gravi e devono essere ricercati con un’attenta ecografia nelle forme giovanili.

La funzione tiroidea non è quasi mai alterata dalla presenza dei noduli, siano essi benigni o maligni, e spesso il paziente non ha alcun disturbo specifico.

Prevenzione

Nelle aree dove il gozzo è endemico per mancanza di iodio, vi è una maggior incidenza di neoplasie tiroidee: in queste regioni  è consigliabile utilizzare sale iodato (si trova comunemente nei supermercati, sia quello grosso che quello fino) al posto di quello normale, per ridurre il rischio di sviluppare il gozzo e gli altri disturbi benigni della tiroide.

Non è invece indicata alcuna forma di screening, perché non vi sono marcatori specifici nel sangue. Inoltre la tiroide è un organo superficiale dove un ingrossamento è visibile nella maggior parte dei casi. Spesso si tratta di tumori che si mantengono silenti per lunghi anni. È però utile far palpare la ghiandola tiroidea dal proprio medico almeno una volta l'anno per individuare eventuali formazioni nodulari e, nel caso di sospetto, eseguire una ecografia tiroidea. La palpazione della tiroide dovrebbe comunque far parte di un corretto esame clinico di medicina interna.

Diagnosi

Una volta individuato un nodulo, il medico prescrive una serie di esami per misurare gli ormoni tiroidei nel sangue (FT3 ed FT4) e il TSH,  per accertare il funzionamento della tiroide. L'eventuale modificazione patologica dei livelli ormonali in genere è indice di una patologia di tipo infiammatorio o autoimmune più che tumorale o, se gli ormoni sono aumentati, di un tumore benigno iperfunzionante (adenoma tossico), facile da curare. Conviene sempre misurare almeno una volta anche gli autoanticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireoperossidasi per verificare che non vi siano concomitanti fenomeni autoimmunitari. Infine, nel percorso diagnostico del nodulo tiroideo, si raccomanda di misurare almeno una volta la calcitonina che, se elevata, può suggerire la presenza di un carcinoma midollare della tiroide.

Oggi l'esame più semplice e specifico per studiare la tiroide è l'ecografia, che permette di identificare la presenza di noduli, anche molto piccoli,  i rapporti del nodulo con la ghiandola e i tessuti circostanti (inclusi i linfonodi) e le loro caratteristiche. Oggi conosciamo le caratteristiche ecografiche dei noduli più a rischio di malignità (noduli “sospetti” all’ecografia) e pertanto in questo caso è consigliato eseguire un esame citologico purché il diametro del nodulo sia maggiore di un centimetro (non è consigliato eseguire agoaspirazione di noduli al di sotto del centimetro se non molto “sospetti”). L’agoaspirazione viene eseguita sotto guida ecografica, il che consente di controllare la corretta posizione dell'ago introdotto attraverso la cute. L’esame delle cellule aspirate consentirà di definire il rischio di cancro.

Un altro esame, oggi utilizzato in casi particolari, è la scintigrafia tiroidea, che valuta la capacità della tiroide (e di eventuali noduli) di captare lo iodio. Si può eseguire somministrando tecnezio o piccolissime quantità di iodio radioattivo. I noduli, possono essere “freddi” alla scintigrafia in quanto non hanno la capacità di captare il tracciante radioattivo oppure “caldi”, se captano molto tracciante, più del tessuto normale.  Questi noduli sono iperattivi e spesso sono associati a un quadro di ipertiroidismo (adenoma tossico) e sono quasi sempre benigni Solo il 5-10 per cento dei noduli freddi sono maligni.

Nel caso di gozzi con noduli di grandi dimensioni o di sospetto di invasione dei tessuti vicini, un ulteriore approfondimento diagnostico può essere ottenuto con una TC o una risonanza del collo che mostrano meglio i rapporti del nodulo con le strutture del collo e del mediastino (la parte superiore del torace) e lo stato dei linfonodi del collo.

Evoluzione

I cancri avanzati della tiroide possono invadere le strutture circostanti (laringe, esofago, trachea) causando difficoltà di alimentazione o di respirazione, ma si tratta di eventi molto rari (tumore anaplastico); nella gran parte dei casi il tumore è caratterizzato da una crescita lenta.

Per classificare lo stadio e la diffusione di un tumore si usa il sistema TNM, che si basa sulla dimensione del tumore stesso (T), sulla presenza o assenza di linfonodi coinvolti (N) e sulla presenza o assenza di metastasi a distanza (M).

Nella forma papillare o follicolare l’evoluzione e progressione del tumore è più frequente nel sesso maschile (i maschi hanno meno tumori, ma spesso più aggressivi) e nei soggetti di età superiore a 55 anni.

Per il carcinoma midollare sono previsti quattro stadi di gravità crescente indipendentemente dall'età del paziente e il carcinoma anaplastico, data la sua aggressività, viene sempre classificato al quarto stadio di gravità.

Come si cura

Per la cura del tumore della tiroide, la chirurgia è il trattamento di prima scelta. In genere si preferisce asportare tutta la ghiandola. Tuttavia un piccolo carcinoma papillare o follicolare della tiroide può essere curato con un intervento conservativo di lobectomia, cioè l'asportazione del solo lato coinvolto, in particolare se l’altro lobo risulta essere perfettamente normale all’esame ecografico.

I linfonodi coinvolti vengono ovviamente asportati, mentre si discute sull'opportunità di rimuoverli a scopo preventivo quando non si evidenzia il loro coinvolgimento nella malattia.

Oggi, per i tumori molto piccoli e senza fattori di rischio o coinvolgimento linfonodale si può adottare anche il sistema di osservazione attenta senza intervento, specie in pazienti di età avanzata.

Dopo l'intervento di tiroidectomia devono essere somministrati ormoni tiroidei in sostituzione di quelli che la ghiandola non può più produrre. La seconda linea di trattamento, per i tumori papilliferi o follicolari in cui si sospetta che sia rimasto dopo l’intervento del tessuto tumorale o se si ritiene che ci sia un rischio di recidiva, consiste nel somministrare iodio radioattivo, a completamento delle procedure terapeutiche chirurgiche (ablazione del residuo postchirurgico). A differenza di qualche anno fa, quando la procedura ablativa con iodio radioattivo veniva sempre e indistintamente eseguita, oggi è riservata solo ai casi definiti a rischio intermedio o alto di sviluppare una recidiva locale o metastasi a distanza. Il principio della terapia radiometabolica si basa sul fatto che le cellule tiroidee, anche se tumorali ma ben differenziate, sono avide di iodio e le radiazioni emesse dagli atomi di iodio radioattivo, attivamente captato e trasportato all’interno delle cellule stesse, successivamente le distruggono. Il trattamento radiometabolico con 131-I è particolarmente efficace e viene utilizzato al posto della classica radioterapia esterna. Questo trattamento viene anche utilizzato a scopo terapeutico per il trattamento delle metastasi. Esso può essere ripetuto varie volte almeno fintanto che le lesioni metastatiche dimostrano capacità di captare lo iodio.

La chemioterapia classica   è ormai pressoché in disuso ed è sostanzialmente sostituita dalle nuove terapie a bersaglio molecolare. Oggi in Italia sono prescrivibili quattro tipi di questi farmaci: vandetanib e cabozantinib per il carcinoma midollare avanzato e progressivo e lenvatinib e sorafenib per il carcinoma scarsamente differenziato e per le forme originate come ben differenziate ma che nel tempo diventano refrattarie allo iodio radioattivo e non traggono più beneficio dalla terapia radiometabolica. I quattro farmaci appartengono alla famiglia degli inibitori delle tirosin-chinasi e il principale meccanismo di azione è il blocco sia della proliferazione cellulare sia della crescita dei vasi che nutrono il tumore. Questi farmaci devono essere utilizzati sotto il controllo di centri specializzati. Occorre comunque continuare a cercare nuovi farmaci e nuove procedure in quanto la loro durata d’azione appare purtroppo limitata nel tempo.

In conclusione i tumori della tiroide, sebbene con sempre maggiore diffusione, nella grande maggioranza dei casi sono ben curabili ed i nuovi farmaci hanno migliorato la prognosi e sopravvivenza anche nelle forme più aggressive.

  • Agenzia Zoe