Malattie diverse, proprietà comuni

Esistono almeno cento diversi tipi di cancro, accomunati però da dieci proprietà distintive. È su queste proprietà, hallmarks in inglese, che lavorano i nostri ricercatori

Tutte le forme di cancro, per quanto diverse tra loro, hanno dieci caratteristiche comuni, in inglese hallmarks. Si tratta di proprietà biologiche che vengono acquisite dalle cellule durante lo sviluppo del tumore, un processo che può durare anche molti decenni. L'ordine e il modo in cui si presentano gli hallmarks sono diversi in base all'individuo e al tipo di cancro.

Sempre più gli oncologi scelgono la combinazione di farmaci per la terapia tenendo conto non solo della localizzazione del cancro, ma anche delle sue proprietà biologiche. Ed è su questi aspetti che la ricerca sta lavorando, nella speranza di arrivare a trattamenti più precisi e meno tossici per la cura delle malattie oncologiche.

Per ogni proprietà del tumore, la ricerca risponde con una strategia terapeutica.

Leggi anche

Proliferazione incontrollata

Le cellule tumorali si riproducono molto più velocemente di quelle sane, senza seguire le normali regole che ne controllano la proliferazione. Questa proprietà è dovuta anche agli oncogeni, che specificano proteine coinvolte nella trasmissione dello stimolo proliferativo. A causa di mutazioni nel DNA, queste proteine possono conferire alla cellula la capacità di replicarsi anche in assenza di stimoli specifici, oppure ignorando i segnali inibitori.

Come funziona

Alcuni oncogeni specificano fattori di crescita, un ampio gruppo di proteine in grado di stimolare la proliferazione e il differenziamento cellulare. Per svolgere la propria funzione, i fattori di crescita si legano in genere a un recettore sulla superficie della cellula. Nel cancro, mutazioni del DNA possono fare sì che l'interazione tra il fattore di crescita e il proprio recettore risulti alterata. Ne sono un esempio le mutazioni a carico del gene che codifica per il recettore EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor), coinvolto in molti tipi di cancro. La costante attivazione del recettore porta alla proliferazione cellulare incontrollata.

Dove va la ricerca

L'importanza dei fattori di crescita e dei loro recettori nello sviluppo del cancro ha fatto sì che diventassero i bersagli di terapie mirate, che agiscono selettivamente sui processi cellulari. Sono in uso nel trattamento di molti tumori, tra cui quello della mammella, del polmone e di alcuni tipi di leucemie. I ricercatori stanno cercando di identificare in modo sempre più preciso i segnali e i meccanismi che stimolano la crescita incontrollata delle cellule, in modo da riconoscere nuovi bersagli nella catena di reazioni che va dai fattori di crescita alla moltiplicazione incontrollata delle cellule.

Metabolismo alterato

Il metabolismo è quel complesso di reazioni chimiche che trasforma i nutrienti in energia e molecole necessarie alla vita cellulare, come proteine e acidi nucleici. La cellula cancerosa ha caratteristiche metaboliche diverse da quella sana, perché si basa su un meccanismo definito "glicolisi aerobica" che permette di scindere il glucosio utilizzando ossigeno. Questa caratteristica tumorale fu osservata già nella prima metà del Novecento da un medico tedesco, Otto Warburg, che per la scoperta meritò il premio Nobel per la Fisologia o la Medicina nel 1931; ancora oggi ci si riferisce al caratteristico metabolismo delle cellule tumorali come "effetto Warburg".

Come funziona

Il glucosio è lo zucchero più comune nell'alimentazione umana e il processo nel quale questa molecola è rotta per ricavarne energia è chiamato "glicolisi". Le cellule cancerose usano molto più di quelle sane la glicolisi per ottenere energia. Di solito le reazioni che scindono il glucosio per ricavarne energia avvengono in assenza di ossigeno; non è il caso del cancro, la cui glicolisi è aerobica. Non è ancora del tutto chiara la ragione biologica per cui si osserva quest'effetto. Si pensa che permetta di agevolare la diffusione di sostanze nutritive. Sfruttando la glicolisi aerobica, le cellule tumorali ricavano meno energia rispetto ad altri percorsi metabolici, ma ottengono più molecole necessarie a costruire DNA e proteine.

Dove va la ricerca

La glicolisi aerobica è necessaria alla sopravvivenza tanto delle cellule cancerose quanto di quelle sane. Sebbene al momento non abbiamo farmaci che colpiscano questo particolare aspetto del cancro, i ricercatori stanno studiando le vie metaboliche presenti solo nelle cellule cancerose.

Resistenza all'apoptosi

L'apoptosi è sinonimo di morte cellulare programmata. Le cellule sane di molti tessuti (pelle, sangue eccetera) vanno regolarmente incontro ad apoptosi, così da evitare un invecchiamento eccessivo e un pericoloso accumulo di cellule con molti difetti e mutazioni. Nel cancro sono presenti cellule in grado di sfuggire a questo meccanismo.

Come funziona

Le cellule tumorali sfuggono all’apoptosi e anche per questo sono spesso in grado di riprodursi praticamente all'infinito.

Dove va la ricerca

La ricerca in questo campo sta tentando di riattivare i meccanismi di apoptosi alterati o inattivi nelle cellule tumorali.

 

Immortalità replicativa

Parte delle cellule del nostro organismo, quando invecchia, muore e viene sostituita da nuove cellule più giovani. Uno degli elementi cellulari che segnala l'invecchiamento della cellula è il telomero, ossia l'estremità dei cromosomi: man mano che la cellula invecchia, i telomeri si accorciano. Ciò non avviene però nei tumori, che mantengono i propri telomeri a una lunghezza maggiore.

Come funziona

Nelle cellule sane i telomeri si accorciano a ogni replicazione cellulare; quando diventano troppo corti, la cellula va incontro a senescenza. Ciò significa che le cellule si possono replicare solo un determinato numero di volte. L'accorciamento dei telomeri nelle cellule sane avviene perché l'enzima che permette di mantenerne la lunghezza, detto "telomerasi", è inattivo. Nelle cellule cancerose la telomerasi è invece riattivata. Di conseguenza i telomeri non si accorciano nel tempo e la cellula non segnala il proprio invecchiamento. Questa caratteristica, insieme alla resistenza all'apoptosi, la rende in sostanza immortale.

Dove va la ricerca

L'inattivazione della telomerasi nel cancro, pur non essendo sufficiente da sola a sconfiggere la malattia, è una buona strategia per rendere nuovamente mortali le cellule tumorali. Inibitori per questo enzima sono stati sperimentati con discreto successo in vari tipi di tumore, da quello ovarico fino ad alcune neoplasie ematologiche.

Blocco dei geni oncosoppressori

I geni oncosoppressori codificano per proteine che agiscono inibendo e riducendo la proliferazione cellulare. Il loro ruolo di "freno" è molto importante per prevenire una crescita incontrollata. Le loro funzioni principali sono la repressione di altri geni necessari all'avanzamento del ciclo cellulare, l'interruzione di quest'ultimo in caso di danni al DNA, l'avvio all'apoptosi (la morte cellulare programmata) e la soppressione di metastasi. Il blocco dei geni oncosoppressori è una tappa fondamentale dello sviluppo di un cancro.

Come funziona

I geni oncosoppressori codificano per un gran numero di proteine con funzioni diverse il cui compito è inibire la proliferazione se la cellula risulta troppo vecchia o danneggiata, in modo che non accumuli mutazioni che potrebbero dare origine a un cancro. I più noti sono gli oncosoppressori BRCA1 e BRCA2, che quando sono mutati sono coinvolti nei tumori del seno e dell’ovaio; APC, che quando è mutato contribuisce al cancro al colon (sindrome di Gardner) e analogamente RB nel retinoblastoma. Un altro oncosoppressore molto noto è p53, il cosiddetto "guardiano del genoma": quando sono presenti danni al DNA, questa proteina agisce come fattore di trascrizione per l'attivazione dei meccanismi di riparazione oppure, se il danno è troppo grave, per indirizzare la cellula all'apoptosi. Le mutazioni che coinvolgono p53 sono fra le più comuni nel cancro.

Dove va la ricerca

Non è semplice trovare terapie efficaci per i tumori che hanno un gene oncosoppressore compromesso o mancante, poiché bisognerebbe "riaccendere" un gene non più funzionante o perduto. I ricercatori ci stanno provando con la cosiddetta terapia genica, ossia con il tentativo di inserire nelle cellule una copia integra del gene. In laboratorio gli esperimenti hanno dato buoni risultati, da confermare in sperimentazioni cliniche.

Un'altra possibilità è cercare di agire sui geni che impediscono il funzionamento degli oncosoppressori. Alcune molecole promettenti da questo punto di vista sono già in fase avanzata di sperimentazione.

Instabilità genomica

La cellula cancerosa acquista mutazioni anche a causa dell'instabilità del genoma: i cromosomi aumentano o diminuiscono di numero, si scambiano tratti di DNA, ne perdono frammenti. Le mutazioni che ne derivano possono essere irrilevanti o possono permettere al cancro di diventare più resistente e aggressivo.

Come funziona

La cellula può accumulare errori attraverso diversi meccanismi. La replicazione del DNA a volte introduce errori casuali nel genoma delle cellule figlie; a volte le mutazioni sono provocate da agenti nell’ambiente. Tra questi, le radiazioni ionizzanti (compresi i raggi UV della radiazione solare) e sostanze chimiche come il fumo di sigaretta. In condizioni normali la cellula riesce a limitare le mutazioni grazie a sistemi che controllano la stabilità del genoma. Gran parte dei danni possono essere riparati; quando ciò non è possibile la cellula con danni irreparabili va incontro a morte cellulare programmata (apoptosi). Nel cancro tuttavia ciò non succede, e anche per questo le cellule accumulano mutazioni più rapidamente del normale. Le mutazioni possono rappresentare un vantaggio selettivo per la cellula tumorale, quando generano cellule sempre più resistenti ai farmaci e sempre più adattate al microambiente in cui proliferano.

Dove va la ricerca

Alcuni farmaci in sperimentazione cercano di limitare l'instabilità genomica, oppure di uccidere la cellula danneggiata, agendo ad esempio sulle proteine coinvolte nella riparazione dei danni al DNA. Spesso si tratta di farmaci biologici. Sebbene l'instabilità genomica per il cancro possa rappresentare un vantaggio selettivo, è anche un possibile bersaglio dal punto di vista immunologico, perché l'accumulo di mutazioni lo può rendere più visibile alle cellule del sistema immunitario.

Infiammazione

L'infiammazione è legata al cancro a doppio senso. Infatti, da una parte le cellule tumorali creano intorno a sé un microambiente infiammatorio in cui la loro crescita è favorita; dall'altra, alcune forme di infiammazione cronica favoriscono l'insorgenza del cancro, ad esempio la colite ulcerosa favorisce l'insorgenza di cancro al colon-retto e l'epatite cronica può creare le condizioni per lo sviluppo del cancro al fegato.

Come funziona

Se da una parte l'infiammazione di alcuni tessuti crea un ambiente favorevole per l'insorgenza del cancro, come avviene nell'intestino, dall'altra è il cancro stesso che per crescere crea attorno a sé un microambiente infiammatorio.

Durante un'infiammazione, le cellule rilasciano citochine, molecole che permettono la comunicazione tra le cellule del sistema immunitario e tra queste e gli altri tessuti. Alcune delle principali citochine, come TNF-α e IL-6, sono in grado di stimolare la proliferazione, la resistenza all'apoptosi e la disseminazione delle cellule tumorali. È stato inoltre dimostrato che le sostanze rilasciate durante l'infiammazione sono in grado di ridurre i livelli di p53, un importante oncosoppressore.

Dove va la ricerca

Il trattamento con farmaci antinfiammatori può ridurre l’infiammazione e con essa la formazione o la crescita di alcuni tipi di tumore. Ne sono un esempio gli inibitori della ciclossigenasi 2, efficaci nella poliposi familiare del colon, una condizione ereditaria che predispone all'insorgenza di cancro all'intestino. Numerosi studi, inoltre, hanno dimostrato l'effetto protettivo di antinfiammatori comuni, come l'aspirina, contro alcuni tipi di tumore. I farmaci antinfiammatori sono anche in studio per valutare l’effetto non solo preventivo ma anche terapeutico di alcune forme di cancro.

Inibizione delle difese immunitarie

Il nostro sistema immunitario in condizioni normali è in grado di riconoscere ed eliminare le cellule anomale, tra cui quelle con mutazioni e quelle che possono dare origine a tumori. Ciò accade innumerevoli volte, dato che produciamo continuamente cellule mutate che vengono eliminate prima di dare origine alla malattia. Tuttavia le cellule tumorali a volte sfuggono a questo controllo.

Come funziona

In quasi tutti i tessuti tumorali sono presenti linfociti (o globuli bianchi). A volte queste cellule agiscono come poliziotti corrotti. In particolare i macrofagi aiutano il cancro a crescere e a diffondersi. I meccanismi con cui lo fanno sono diversi: agevolano la formazione di vasi sanguigni che portano nutrienti e ossigeno alle cellule tumorali, inibiscono l'azione di difesa dei linfociti T e producono sostanze infiammatorie che contribuiscono a creare un ambiente favorevole allo sviluppo del cancro.

Dove va la ricerca

Vi sono numerose strategie terapeutiche che mirano alle cellule del sistema immunitario infiltrate nel tumore e a quelle che sopprimono la risposta immunitaria. Alcuni farmaci chemioterapici agiscono causando nelle cellule cancerogene una morte detta "immunogenica": le rendono riconoscibili alle cellule del sistema immunitario, che riescono così a ucciderle. L'immunoterapia comprende terapie a base di anticorpi monoclonali, inibitori dei checkpoint immunitari e terapie cellulari, in parte già in clinica e in parte in sperimentazione. Gli anticorpi monoclonali si attaccano a recettori presenti sulle cellule tumorali e non su quelle sane e in questo modo guidano l’eliminazione delle prime e non delle seconde. Gli inibitori dei checkpoint immunitari tolgono un freno inibitore alla risposta immune contro i tumori. Le terapie cellulari implicano l’infusione nei pazienti di cellule immunitarie dei pazienti stessi, dopo modificazioni genetiche che indirizzano tali cellule contro il tumore.

Un altro filone di ricerca è basato sui vaccini anti-tumorali. Si tratta di preparazioni farmacologiche che, partendo da frammenti di tessuto prelevati dal paziente stesso, possono essere in grado di attivare una risposta immunitaria efficace contro la malattia.

Metastasi

Le metastasi sono la causa di morte del 90 per cento dei pazienti oncologici. Per questo la capacità di formare metastasi, ovvero di migrare dalla sede di origine e colonizzare organi anche molto distanti, rappresenta una delle caratteristiche più insidiose delle cellule tumorali.

Come funziona

Le cellule tumorali migrano sfruttando il circolo sanguigno e linfatico e riuscendo così ad arrivare a organi lontani dalla sede di origine del cancro. La formazione di metastasi è un processo lungo, complicato e noto in parte. A volte le cellule metastatiche si sono differenziate dalle cellule del tumore primario da cui si sono staccate e spesso sono più aggressive e resistenti ai farmaci. Nella formazione di metastasi sono coinvolti molti fattori. Fra questi, la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono le metastasi di gas e nutrienti con cui crescere, e i macrofagi, le cellule "corrotte" del sistema immunitario, che promuovono il distacco delle cellule metastatiche dal tumore primario e preparano negli organi e nei tessuti distanti un microambiente infiammatorio adatto ad accoglierle.

Dove va la ricerca

Spesso le metastasi sono disseminate in diversi punti del corpo e non possono essere asportate chirurgicamente. Inoltre in genere resistono a farmaci e trattamenti radioterapici. Quando sono localizzate in organi come il cervello non sono facilmente raggiungibili dai farmaci che faticano ad attraversare la barriera ematoencefalica

Al momento sono in fase di studio farmaci che impediscono alle cellule tumorali di creare dei varchi nelle pareti dei vasi sanguigni, da cui potrebbero entrare in circolo e raggiungere altri organi. Altre ricerche sono invece indirizzate contro l'angiogenesi, ossia il processo di formazione di nuovi vasi, in modo che il cancro non possa nutrirsi e crescere. Vi sono poi studi di immunoterapia che cercano di agire sulle cellule del sistema immunitario per impedire lo sviluppo di metastasi.

Un altro importante filone di ricerca riguarda il gene MET che, scoperto anche grazie al contributo di AIRC, ha un ruolo chiave nel processo di progressione dei tumori. Il gene è fondamentale per la formazione di metastasi, e la ricerca ha dimostrato che, bloccandolo, il cancro non è più in grado di invadere gli organi.

Angiogenesi

Tagliare i viveri al tumore

I tumori possono essere aggrediti togliendo loro i rifornimenti. Questi arrivano attraverso il circolo sanguigno, che trasporta le sostanze nutritive necessarie alla moltiplicazione incontrollata delle cellule. Non a caso le masse tumorali sono in genere più ricche di vasi di un tessuto normale. Questo fenomeno è noto col nome di angiogenesi, cioè formazione di vasi. Negli ultimi anni sono stati prodotti diversi farmaci che agiscono su questo meccanismo: sono i cosiddetti inibitori dell'angiogenesi, il più noto dei quali è un farmaco biologico, il bevacizumab, usato nel cancro del colon, del polmone, del rene e in molti altri tumori solidi.

Come funziona

Le cellule tumorali producono una sostanza che funge da fertilizzante per i vasi sanguigni e ne promuove la crescita: si chiama VEGF-A. Senza questa sostanza i vasi non riescono a svilupparsi e il tumore non riceve abbastanza nutrimento, né ossigeno. Le cellule in breve "appassiscono" e muoiono. Il bevacizumab blocca l'azione del VEGF-A e contribuisce a tenere a bada la malattia.

Dove va la ricerca

Il bevacizumab è solo uno degli inibitori dell'angiogenesi: altri meccanismi possono essere modificati per impedire la comparsa di nuovi vasi e sono oggi oggetto di studio. Per esempio è possibile bloccare i geni che permettono alle cellule endoteliali, quelle che rivestono la parete dei vasi, di dividersi e moltiplicarsi; un'altra strategia prevede che si agisca sulla matrice extracellulare, ossia sul materiale "colloso" che tiene insieme le cellule che formano il vaso.

  • Agenzia Zadig

  • Articolo pubblicato il:

    25 luglio 2018